PAOLO BREZZI Regno di là da venire; essi ammettevano un periodo di attesa, « il tempo della Chiesa>>, ed in tale intervallo la situazione particolare della storia era questa: esisteva già un mondo nuovo ma non ancor visibile, la sua vita essendo nascosta con Cristo in Dio, come diceva San Paolo ai Colossesi, e contemporaneamente esisteva ancora il male, già vinto ma ancor potente. Ogni cristiano è possessore dei beni assicuratigli dal Cristo ma non ne può ancor godere; egli è nella posizione di un erede che vive pazientemente confidando e non ha incertezze sull'esito ma può andar incontro a molte prove dolorose (1). Non è chi non veda quanto tutto ciò interessi da vicino la coscienza storica cristiana; « moram faciente sponso » dice il Vangelo, ossia esiste un intervallo tra la prima e la seconda venuta del Cristo, ma questa età, che è l'hora novissima come abbiamo spiegato e durante la quale la Buona Novella deve esser predicata, quanto durerà? « Innanzi a Dio un giorno è come mille anni e mille anni come un giorno», è una sentenza del Salmista richiamata nella II Petri e noi potremmo tradurla in linguaggio più critico così: come spaziare nel tempo quello che le profezie parevano concentrare in un dato momento? Nessuno si stupirà se molti errori di interpretazione sono stati compiuti perché era ben naturale che si fosse tentati di concretare in persohe od avvenimenti quelli che erano soltanto simboli generici, ma una considerazione spassionata dovrà sempre riconoscere che si può dire sia che « il giorno del Signore » è arrivato, perché il Signore è già presente, sia anche che non è ancora arrivato perché tante vicende debbono v(;rificarsi prima della fine del mondo e ci vorranno secoli prima che le profezie si compiano. L'Apocalissi giovannea si chiude con questo dialogo: il Cristo dice ai fedeli: « Sì, io vengo rapidamente»; ed essi rispondono: « Così sia, vieni, o Signore>>.Essi dunque l'attendono, ma non importa loro di sapere quanto durerà l'attesa e quali saranno le difficoltà o le tentazioni cui andranno incontro; essi sono tanto certi del trionfo che vedono svolgersi tutto nella serenità della speranza. Per tal ragione il Seeberg ha potuto chiamare la speranza il dato primitivo, il punto di partenza della 'concezione storica cristiana, perché essa implica una possibilità di sviluppo prima di poter entrare in possesso del tesoro della salvezza (2). Tale speranza cristiana è cosa ben diversa dall'ingenua fiducia nel progresso o dall'esaltazione delle magnifiche sorti dell'umanità, tuttavia è anch'essa una sincera e profonda affermazione di ottimismo, data la sicurezza nella vittoria finale del Cristo (dice ancora !'Apocalissi: «Egli fu data una corona ed uscì vincitore per vincere ») e si dimostra quindi come un potente fattore storico carico di un dinamismo incomparabile. ( I) Clr. gli studi cit. del CULLMANN, 0ANIELOU, ecc. (2) E. SEEBERG, Geschirhte ,md Geuhichtsa11scha111111g,dargestellt an altrhristlirhen G,schichtsvorstellungen, in « Zcitschrift fiir Kirchengeschicte », voi. I.X, I941.
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