LA COSCIENZA DELLA STORIA NEL CRISTIANESIMO ANTICO 363 che la storia venga presa sul serio in quanto è un seguito di azioni orientate verso il fine ultimo e permette di costruire l'eternità nel tempo, il divino nell'umano. Egli constatò pure che « non verborum sed rerum eloquentia, contrariorum oppositione, saeculi pulchritudo componitur », ossia che il divenire universale viene a comporsi in un ordine razionale grazie alle antitesi che sono nella storia; in tal modo Agostino veniva ad annettere un altissimo valore al meraviglioso poema scritto contemporaneamente da Dio e dall'uomo, non vedendo l'ordine spirituale come uno statico principio metafisico ma come una forza dinamica che si manifesta alla società ( 1). In siffatte intuizioni risiede l'attualità perenne di Sant'Agostino, anche se per tanti altri aspetti il suo schema storiografico e la sua pesante impalcatura sono caduti, come ho cercato di dimostrare altrove (2). Se volessimo anche in questo caso sintetizzare quanto si è detto in una formula, potremmo affermare che come coll'avvento ,del Cristianesimo si è passati dal messianismo all'escatologia, così nell'interno del Cristianesimo si passa dal regno di Dio, che è ormai instaurato, al regno di Cristo che è tuttora in sviluppo e può stabilirsi soltanto mediante il contributo personale di ciascun membro del suo corpo mistico, secondo le ben note dichiarazioni paoline: « compio in me ciò che manca alla passione di Cristo » e l'invito dello stesso apostolo: « ciascuno raggiunga la sua statura in Cristo>> (3). L'alligatio diaboli è avvenuta dopo che l'« apparuit benignitas Salvatoris nostri », ma le manifestazioni storiche non sono ancora cristiane, né è facile impresa farle divenire tali; per questo appunto il Cristo ha insegnato a chiedere ogni giorno « venga il tuo regno » non nel senso messianico dell'arrivo di ciò che deve ancora giungere, ma nel se1:1soescatologico, che si dilati quel che è ormai presente. I fedeli quindi collaboreranno a quello che !'Apocalissi chiama « la consumazione del mistero di Dio » mossi da un profondo desiderio e da un'ansia che non dà loro tregua; ma quanto più in loro è viva la speranza, tanto più essa si accompagnerà alla certezza della rapida realizzazione di quello a cui si aspira, e forse è in questa direzione che va cercata la spiegazione delle indubbie attese dei primi cristiani circa una prossima parusia. Voglio dire che essi non facevano tanto un calcolo cronologico quanto esprimevano uno stato d'animo, e non fissavano date o durate, bensì si preoccupavano di esser spiritualmente preparati e degni (4). Parlando di un prossimo ritorno del Maestro i primi cristiani non si sbagliavano; effettivamente i tempi escatologici erano stati inaugurati dal Cristo, ma non per questo quei cristiani erano tesi esclusivamente verso un ( 1) RAHNER, cit., p. 114; non si dimentichi il grido agostiniano: « civitas Dei clamat tota die sibi succedentibus et decedentibus annis ». (2) P. BREZZI, La concezione agoIJiniana della città di Dio, Galatina, 1947. (3) PÉRET, cit., cap. II. (4) L. STURZO, La vera vita; sociologia del soprannaturale, Roma, 1947.
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