Quaderni di Roma - anno II - n. 5-6 - set.-dic. 1948

354 MICHELE PELLEGRINO :E appena il caso di notare quali prospettive una simile concezione apra sul valore del singolo uomo, che nell' Incarnazione celebra l'unione fra la sua natura e la divinità, e sul significato della stona umana, di cui Dio fatto uomo appare come il centro e la ragione. Ecco perché l'antico cristianesimo difende con tutte le forze, contro doceti e apollinaristi, contro nestoriani e monofisiti e monoteliti, il dogma centrale dell'Incarnazione: un Cristo scoronato della divinità o spogliato della vera e integra umanità non avrebbe potuto « ricapitolare » in sé Dio e l'uomo. Per l'Incarnazione, invece, l'uomo, mentre vede riconosciuto dal cristianesimo quanto vi ha di positivo, di valido, di veramente « umano » nella realtà terrestre, è chiamato ad attuare quelle possibilità latenti che un'arcana, inappagabile aspirazione al perfetto, all'assoluto, rivela come tormento e privilegio dell'essere suo. Nella luce che s'irradia da questo mistero possiamo cogliere, nella sua ricchezza di realtà e di aspirazioni, il profondo significato dell'espressione tertullianea, con cui mi è caro conchiudere: anima natmaliter Christiana (Apol., 17, 6). MICHELE PELLEGRINO.

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