DOCUMENTI DI UMANITÀ 351 non può r(lalizzare compiutamente se stesso se non rispetta gli essenziali rapporti che lo legano con la Sorgente e il Fine supremo del suo essere. IV. Non ho ancor fatto parola d'una categoria di valori che, di primaria importanza in se stessi, hanno ben diritto ad essere posti in luce preminente in questa sede, come quelli che costituiscono l'oggetto immediato della nostra fatica di tutti i giorni: intendo i valori propriamente culturali. Il lungo discorso che sarebbe necessario fare a questo proposito può ridursi a un rapido richiamo a cose già sufficientemente note, se pur bisognose di chiarimenti e di approfondimenti. . Su questo punto, una distinzione cronologica è necessaria. Nel primo periodo della sua espansione, cioè, all'incirca fino al terzo decennio del secondo secolo, i contatti del pensiero cristiano con la cultura classica appaiono solamente sporadici e occasionali: si depongono nel fertile suolo dei germi di cui il successivo sviluppo rivelerà meglio la natura e la fecondità. Nel secondo periodo, quando il nuovo movimento s'è imposto ormai all'attenzione degli ambienti pagani e una folta schiera d'uomini nutriti della cultura greco-romana vi ha aderito, la posizione del cristianesimo di fronte alla cultura del tempo è obbligata a chiarirsi ( l ). E nozione di dominio comune che in questa presa di posizione si affermano due opposte correnti: quella dei cristiani che riconoscono un valore agli elementi culturali della classicità e li introducono nel patrimonio del nuovo pensiero (Giustino, Atenagora, Clemente, Minucio Felice, per limitarci ai più antichi), e quella dei fieri oppositori di tutto ciò che nel campo della cultura porta il segno riprovato del paganesimo (Taziano, Teofilo d'Antiochia, Tertulliano). Se è vero che si trovano in questi due indirizzi delle tesi contrarie, irreducibili, pensiamo tuttavia che tale opposizione sia stata spinta, nelle opinioni dominanti, oltre il giusto limite, fino a dimenticare un campo in cui tutti i rappresentanti della cultura cristiana dei primi secoli si trovano in sostanziale, seppure non confessato, accordo: l'uso, cioè, di quel patrimonio comune di cultura a cui e gli uni e gli altri attingono, e che, anche quand'è rinnegato, non cessa di esercitare un potente influsso su gli orientamenti di pensiero e su gli atteggiamenti formali di tutti, si può dire, gli antichi scrittori cristiani dopo il primissimo periodo della nuova letteratura. A ogni modo, è giusto dare ascolto a quelle voci che apertamente si appellano, nel nome di Cristo, alla sapienza greca: d'un Giustino, che ri- ( I) Ho studiato l'atteggiamento degli scrittori cristiani di fronte alla cultura classica, nel!'àmbito indicato dal titolo, nel volume: Gli ApologeJi Gre<i del Il secolo, Roma, 1947.
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