350 MICHELE PELLEGRINO Tale posizione, evidentemente, non si esaurisce nell'affermazione che abbiamo detto, ma implica tutto il complesso dei rapporti in cui il cristiano viene a trovarsi di fronte agli altri. Mi limiterò a spigolare, per non uscire dai limiti imposti a questa breve rassegna, nella vasta messe di affermazioni di principio e di attuazioni pratiche che ci sono attestate in questo proposito dalla letteratura cristiana dei primi secoli, alcuni accenni dati da un documento di particolare interesse: la Lettera a Diogneto ( 1). Il cristiano, ivi è detto, s'inserisce nella società come membro vivo e operante; nessuna evasione gli è consentita dai comuni doveri della vita associata: « I cristiani, infatti, né per paese né per linguaggio né per usanze son diversi dagli altri uomini. Poiché né abitano città proprie né usano un dialetto differente né conducono una vita fuor dell'ordinario .... Ma, abitando città o greche o barbariche, come a ciascuno toccò in sorte, e seguendo le usanze locali nel vestire, nel mangiare e nel restante modo di vivere, regolano la propria condotta in maniera mirabile e, a confessione di tutti, straordinaria » ( 5, 1-2. 4). Il cristianesimo, è vero, reca in sé un carattere di universalità che travalica ogni barriera: « Abitano ciascuno la sua patria, ma come forestieri; prendono parte a tutto come cittadini, e tutto sopportano come stranieri; ogni terra straniera è patria per loro, e ogni patria è terra straniera» (5, 5).' Ma ciò, ben lungi dall'attenuare la responsabilità sociale del cristiano, la dilata, estendendola a tutta l'umanità, e l'affina, mostrandogli il suo dovere non in un esteriore adattamento alla legge, ma in una dedizione senza limiti al bene del prossimo: « Sposano come tutti, procreano figli; ma non espongono- i nati. Apparecchiano una mensa comune, ma non contaminata. Nella carne sono, ma non secondo la carne vivono .... Obbediscono alle leggi stabilite, e con la propria condotta superano le leggi. Amano tutti e da tutti sono perseguitati .... Son vilipesi, e benedicono; ingiuriati, e onorano. Mentre fanno del bene, son puniti come malfattori; puniti, godono come suscitati alla vita» (5, 6-8. 10-11. 15-16). Questo perché l'anima della legge cristiana è l'amore, cosa tanto sublime che fa l'uomo simile a Dio: « Ma chiunque prende su di sé il carico del prossimo, chi in quello in cui è più forte vuol far del bene all'altro che è inferiore, chi quanto possiede per averlo ricevuto da Dio, ciò somministrando ai bisognosi diviene dio di chi riceve, questi è imitatore di Dio » (10, 6, cfr. Cypr., De op. et e/., 25). :E importante rilevare che proprio là ove s'accentua il carattere del cristianesimo come dottrina e pratica di vita schiva d'ogni peculiarità puramente esteriore e aperta a tutti gli uomini di buona volontà, se ne addita la meta trascendente. E ancora in ciò una nota di umanità, se in questo concetto debbono rientrare anche le più alte aspirazioni dell'uomo, il quale ( I) Cfr. l'articolo dello scrivente, Umane1imo rriJtiano nella « Lettera a Diogneto •• pubblicato su questa rivista, Il ( 1948), pp. 53-62.
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