450 NOTE DI CRONACA Forse al nuovo corso della po)itica russa in Europa - che del resto dovr~ essere collaudato dalle imminenti trattative - non sono estranee le preoccupazioni cinesi. Fino a qualche mese fa la politica americana in Estremo-Oriente appariva non troppo comprensibile agli osservatori delle cose internazionali: il governo di Washington come poteva permettere che in Cina si affermasse una preponderanza sovietica? Oggi la situazione appare sotto aspetti diversi e qualcuno si chiede se la politica cinese della Casa Bianca non sia, dopo tutto, una grande politica. L' espansione americana nel già Celeste impero è prevalentemente mercantile : oggi con l'avanzata di Mao Tze Tung verso il Sud e col crollo della resistenza nazionalista indubbiamente si afforza l'influsso sovietico. Ma ciò non significa che la Cina possa fare a meno delle importazioni americane. Si tratta di un mondo, ancora in gran parte ancorato nel passato, da trasformare radicalmente : attrezzature da creare ex novo, riforme di istituti economici secolari, riassetto politico di un popolo abituato da molti anni ali' anarchia e alle guerre endemiche, armato di una capacità illimitata di resistere passivamente e di soffrire. La Russia potrà trasformare rapidamente questa realtà, riorganizzarla, mettere in valore tutte le risorse potenziali che contiene' La cosa appare ardua sol che si pensi ·che trent'anni dopo la rivoluzione d'ottobre la stessa Russia, per quanti progressi abbia potuto compiere sulla via della produzione, non è ancora pervenuta a realizzare un reddito naziopale il quale si avvicini a quello delle grandi Potenze che hanno vissuto intensamente l'esperienza efonomica capitalistica. Se il caivpo d'azione, ora, si estende alla Cina il problema appare più arduo ancora. Intanto è da prender nota di alcune voci di contatti economici e commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina comunista diffuse da qualche fonte; forse si tratta di voci premature ma il fatto che vengano divulgate è già di per sé molto significante. Quanto agli interessi politici diretti degli Stati Uniti in Estremo Oriente l'occupazione del Giappone e di parte della Corea rappresenta una evidente garanzia. Se ora, dal generale passiamo al particolare e volgiamo lo sguardo alle cose nostre italiane, vediamo subito che il problema più dibattuto è quello del!' adesione al Patto Atlantico. L'ingresso del nostro Paese nell'alleanza atlantica ha suscitato non poche perplessità e, bisogna riconoscerlo, tutt'altro che infondate. Non v'era il pericolo che l'Italia fosse costretta da impegni basati sull'automatismo a combattere, inerme com'è, anche se non direttamente aggredita? Si poteva supporre che un eventuale conflitto nel nord Europa e in Germania avrebbe potuto non coinvolgere l'Italia: l'adesione al Patto Atlantico, invece, avrebbe potuto costringere il nostro Paese ad uno sforzo, cui è impari dopo una guerra perduta, a prendere le poche armi di cui dispone allargando la guerra anche al settore Mediterraneo. Il testo del Patto esclude l'automatismo e condiziona le decisioni di natura militare alla prassi costituzionale dei diversi Paesi (approvazione del Parlamento). Le prospettive, dunque mutano. Ma non è questa la ragione principale per cui l'Italia, bon gré mal gré, ha dovuto accettare l'invito nella nuova alleanza. Gli accordi di Yalta e di Potsdam hanno diviso l'Europa in due « spazi vitali » ben definiti già nell'ultima fase della guerra e nell'immediato dopoguerra. · L'esclusione dell'Italia dal nuovo sistema, in tali circostanze, avrebbe potuto
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