Quaderni di Roma - anno II - n. 5-6 - set.-dic. 1948

NOTE DI CRONACA 447 penetrazione ideologica con un moto uniforme in cui le due direttive si fondono senza soluzione di continuità, appoggiate dalla diplomazia di Mosca con fredda risolutezza. Il dramma semisecolare della Cina che potrebbe volgere a una lusis o ad altre travagliose vicende non sappiamo quanto lunghe, ha richiamato la nostra attenzione nell"estremo Oriente. Oggi l'aspetto nuovo della situazione è dato dalla risolutezza di cui danno prova gli Stati Uniti, i quali abbandonano il vecchio principio del Presidente Monroe che era utile mentre la confederazione americana consolidava la sua giovane struttura nel mondo conquistato da poco alla storia e all'incivilimento; ma che, oggi, quando i grandi interessi non conoscono più i confini dei continenti, è caduto per dar luogo a nuove e più vaste ambizioni. Innanzi alla potenziale minaccia della Santa Alleanza, depositaria delle vecchie idee battute in breccia dalla rivoluzione francese, la giovane democrazia americana si chiudeva in una posizione difensiva limitando la sfera delle sue aspirazioni al nuovo continente. In un primo tempo fu l'affermazione del diritto a disporre del proprio destino liberamente. Poi cominciò l'espansione politica nelle due Americhe, progressivamente chiuse ad altri influssi nella persuasione che si potesse fondare un mondo autonomo, isolato e a sé stante. Le due ultime guerre mondiali hanno distrutto le lontananze e han reso indivisibile la sicurezza : gli isolamenti fino a ieri splendidi o almeno seducenti non sono più possibili e la Confederazione americana ha dovuto combattere per due volte, nel corso di un trentennio, in Europa o in Asia. La storia della Società delle Nazioni è nota e non è il caso ora di riparlarne: basterà ricordare che la Lega ginevrina nacque da un'aspirazione comune dei popoli civili ad una legge internazionale che sostituisse ali' imposizione della forza l'impero del diritto, che, in altri termini, sul piano internazionale fosse affermata quel!'eguaglianza degli Stati di fronte alla legge che, nella vita sociale, è la conquista più valida della rivoluzione francese. A questo grande scopo tendevano due movimenti, l'uno pervaso da un umanitarismo di filiazione sensistica, l'altro nutrito di spirito cristiano. Che il messaggio rivolto da Benedetto XV ai belligeranti nell'agosto del 1917 incontrasse un ostile riserbo è, storicamente parlando, assai naturale: nel colmo di una guerra in cui motivi umanitari servivano di schermo ad interessi di natura meno nobile era logico che un appello lanciato in nome di una Legge universale - quindi valida e impegnativa per tutti - cadesse in un vuoto freddamente ostile. Ed è altrettanto naturale che fossero invece accolti i quattordici punti enunziati dal Presidente Wilson agli inizi del 1918. Erano i nobili sentimenti di una parte belligerante avviata alla vittoria e il linguaggio che essi esprimevano era ben comprensibile anche nei sottintesi, alle altre Potenze associate nella guerra e nella vittoria. Il Patto della Società delle Nazioni nacque; e fu anche materialmente il prologo del trattato di Versaglia, di un'imposizione cioè, fatta con le armi. Alcuni dicono che la crisi della Lega ginevrina derivò dal fatto che la legge internazionale eh' essa voleva incarnare era disarmata. Ma è assai più giusto ravvisare i primi germi del male in questo vizio organico di natura essenzialmente morale. Del resto il Congresso americano non volle ratificare il trattato di Versaglia e quindi il Patto: gli Stati Uniti rimasero estranei alla Società delle Nazioni e credettero che la vecchia formula di Monroe foosse valida sempre o comunque benefica. Ma quando il progressivo afforzamento della Germania determinò l'inasprimento del conflitto tra vincitori e vinti, quando la presenza attiva ed operante dell'Unione dei Sovieti e della concezione marxista eh' essa incarnava - come in- .carna -, fece credere ai governanti di Mosca che il conflitto tra imperialismi

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