RASSEGNE NUOVI CONTRIBUTI PER LA STORIA DEL CONCILIO DI TRENTO E DELLA CONTRORIFORMA Ai numerosi lrticoli scritti per celebrare il quarto centenario del Concilio di Trento il letterato Luigi Russo ne aggiunge un altro, « Contributi alla storia del Concilio di Trento e della Controriforma » (Firenze, Vallecchi 1948, 1 49 pagine), pubblicati nel fascicolo aggiuntivo della rassegna « Belfagor ». I « Contributi » occupano nella letteratura commemorativa un posto del tutto singolare, non soltanto per il punto di vista fondamentale professato da alcuni collaboratori di f ronte al concilio, ma anche per la scelta delle materie trattate. Dei suoi otto contrib uti soltanto due trattano della storia del Concilio di Trento nel senso proprio, tut ti gli altri sono dedicati o ai suoi fatti precedenti o ai suoi effetti, all'ambiente nel q uale si è formato ed ai frutti che ha prodotto. Contro una tale estensione della materi a, in fondo, non c'è nulla da obbiettare, anzi si può dire che essa è conforme al nostro desiderio. Più penetriamo nel tempo, tanto più comprendiamo il decorso de i fatti storici; e rimane vero ciò che Hermann Usener scrisse un giorno, che cioè lo sp irito di un'epoca in nulla si rispecchia cosl fedelmente come nella letteratura che esso ha prodotto. Il Concilio di Trento è basato su due premesse: il desiderio di una riforma della Chiesa che si trascina lungo tutto il tardo Medioevo senza mai essere appagato, e lo scoppio dello scisma. La riforma della Chiba era il tema ines auribile di innumerevoli scrittori che reclamavano una riforma, da Durandus a Ge rson, a Dietrich von Niem, fino a Paolo Giustiniani. Essi danno molti lumi per u na comprensione storica ma il loro valore a pro della riforma è assai vario. Scrittori e predicatori manifestavano le loro opinioni sugli abusi della vita ecclesiastica co n una schiettezza non più usuale nei tempi posteriori. Ma ciò non bastava; la diffico ltà era quella di fare delle proposte veramente utili ad un miglioramento, di dare l'esempio di un tale miglioramento e di una riforma interiore. A questo punto si no ta il lato debole degli scrittori italiani del Trecento e del Quattrocento, influenzati per lo più dall'umanesimo di cui tratta E. Garin « Desideri di riforma nell'oratoria del Cinquecento» (pp. 1-11). Egli stesso deve constatare (p. 8) che Marsili e S alutati, Alberti e Valla non offrono altro che una critica letteraria del clero diventato profano, mentre altri, come il Galateo, preso cosl poco in considerazione, nella loro spiegazione d el Paternoster e nel suo « Heremita », non esigono altro che un approfondimento della vita religiosa; si fermano dunque a una soluzione individuale, la quale, è vero, era sempre il principio e il fine di ogni movimento riformatore, ma, per ·poter si sviluppare ed estendere, essa aveva bisogno della protezione e de ll'aiuto di leggi riformatrici. Non si trattava dunque della questione, se le riforme fossero necessarie o no - solo da cinici veniva negata tale necessità - ma si trattava di sapere quali fossero le misure da prendersi per eliminare i difetti del clero e per rendere possibile una cura delle anime conforme ai tempi. Queste misure richiedev ano dei sacrifici 29. - Quadtrni di Boma.
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