Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

LA REGIONE NELLA COSTITUZIONE 1TALIANA L"istituzione della regione come ente dotato di proprie funzioni legislative e amministrative è diretta conseguenza del movimento d'opinione che, esploso in Italia con la caduta del fascismo e la disfatta militare, si è manifestato come perentoria necessità di innovare sulla intera struttura, politica sociale ed economica, del Paese. I suoi precedenti sono, tuttavia, più remoti, risalendo a un fatto storico di non minore importanza, quale la formazione dello Stato italiano: e runa e l'altra connessione sono ben spiegabili, poiché, proprio in presenza di fenomeni che, a guisa di quelli naturali, mettono a nudo le condizioni e le esigenze fondamentali di un popolo, si avverte con immediatezza quasi istintiva il bisogno di adeguarsi a queste. Di ciò è facile trovare esempi anche nella storia costituzionale di altri Paesi, ma valgano, per tutti, i mutamenti avveratisi alla fine della prima guerra mondiale. Durante il Risorgimento si erano delineate due correnti antagonistiche circa la struttura da darsi al futuro Stato italiano. Di essa l'una si richiamava all'idea federale, sotto forma di Stato federale o di Confederazione di Stati, salvo poi a riconoscere o ad escludere l'opportunità di un organo comune che, in caso affermativo, doveva per alcuni essere presieduto dal Papa (Gioberti, Rosmini), per altri da un sovrano temporale (Cattaneo); la seconda, invece, insisteva perché le aspirazioni nazionali trovassero la loro espressione in uno Stato unitario, retto a repubblica (Mazzini) o a monarchia. Il corso degli avvenimenti fece prevalere la tendenza unitaria, per la quale, oltre tutto, militavano ragioni politiche, sociali ed economiche, ma, insieme, essendosi l'unità compiuta sotto il segno della monarchia, questa ebbe modo di far trionfare la propria concezione accentratrice nell'assetto amministrativo dello Stato, mercé l'estensione della legge piemontese 23 ottobre 1859 alle provincie annesse. Senonché, mentre il federalismo era destinato a non più risorgere, almeno come moto di una certa consistenza, non altrettanto doveva accadere delle autonomie locali, che, caldeggiate anche da chi si dichiarava fautore dello Stato unitario, conservarono viva la loro pretesa a tradursi in un corrispondente ordinamento. Mazzini fra gli scrittori politici, Cavour, Farini e Minghetti fra gli uomini di governo, si fecero interpreti del malcontento creato dalla legge del 1859 e delle esigenze che questa aveva tentato di

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