Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

MASSIMO PETROCCHI fin da principio portato il ferro là dove era la piaga, si sarebbero risparmiati molto sangue e molti sacrifizi poiché il governo di Washington avrebbe collegato al suo concetto il gran numero dei radicali che se ne stavano in disparte appunto perché la condotta ambigua del presidente Lincoln li teneva in sospetto. La grande quistione sociale, causa precipua delle grandi battaglie che si combattono in America è dunque risolta », naturalmente non debbono essere soltanto spezzate le catene agli schiavi, ma deve essere data la possibilità di associarli ai benefici della libertà ( 1). Nei giornali democratico-borghesi non si arriva però a richiedere soluzioni sociali che siano scisse da un contemperamento con il principio della libertà civile; anzi qui la soluzione del problema del lavoro è su un piano economico liberistico (2). Nel Dovere di Genova, diretto da Federico Campanella, non ultimo amico di Mazzini, il problema della libertà è quello che urge maggiormente, e urge non solo più in Europa ma nell'ecumene tutta (3). In una lunga serie di articoli il Saffi, vergando un bilancio della guerra americana, dopo l'assassinio di Lincoln, mostrava però chiaramente di aver coscienza che non si era posto e iniziato a risolvere in America il solo problema della libertà, ma pure quello della redenzione del proletariato: « l'esempio di una nazione, che ormai tiene il primo posto nella civiltà del mondo, e che accoglie nel proprio seno una razza sin qui respinta dal consorzio del genere umano, elevandola alla libertà personale, alla proprietà del lavoro, ai diritti civili e politici, non può cadere infruttifero fra le nazioni d'Europa. Quell'esempio condanna, a più forte ragione, ogni disuguaglianza di diritto fra gli uomini di una stessa origine e di una stessa patria. I privilegiati d'Europa lo sanno; e ciò spiega le simpatie di molti fra loro per gli schiavisti » ( 4). E, particolare più importante, perché risolto proprio nella cerchia mazziniana in verità non eccessivamente sensibile per il proletariato agrario, il Saffi afferma con chiarezza che negli Stati Uniti la questione agraria si può avviare alla sua soluzione solo con l'abolizione della grande proprietà fondiaria: « una robusta e numerosa classe di agricoltori indipendenti deve succedere alla vec<chiaoligarchia. In ciò consiste il rimedio finale della schiavitù. Perché la mala pianta non possa rigermogliare mai più nell'antica forma, né riprodursi sotto altre forme non meno funeste alla dignità dell'uomo e ai diritti del lavoro, occorre estirpare dalle radici gli abusi della grande proprietà. La questione del riordinamento del ( 1) « Il Diritto», 15 marzo 1864. (2) « La Nuova Europa», 7 maggio 1863. (3) « Il Dovere», 8 agosto 1863: « il potere della schiavitù costituisce il più formidl· bile antagonismo al dvile progresso, e questo antagonismo da molti secoli rappresenta un sistema di società retrograda e aggressiva .... è costretto dalle esigenze inerenti alla sua posizione e per le sue circostanze ad uno sforzo continuo di estendere il suo dominio territoriale »; « l'umanità è un immenso corpo; non può soffrire un membro senza che se ne risentano gli altri tutti. La guerra americana ha prodotto perturbazioni e miserie grandi in tutta l'Europa». (4) lvi, 3 giugno I 865. ·

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