250 MASSIMO PETROCCHI nistra aveva aderito ai rivolgimenti operai di Parigi del febbraio e in parte del giugno comprendendo bene come una revisione sociale non potesse affermarsi nelle chiuse barriere di uno Stato nazionale: si era sentito insomma che una totale revisione nel mondo operaio doveva attuarsi su un piano europeo. Nel '61-'65 l'orizzonte si allarga, e la stampa di sinistra ha lucida consapevolezza che l'elevazione delle classi non abbienti deve andar risolta su un piano più vasto, sul complessivo piano internazionale e mondiale vero e proprio. Si comprende come non può esservi una Europa libera e un mondo extra-europeo schiavo: ed è stata proprio la guerra di secessione americana che ha chiarito e sollecitato questa grossa questione. Il problema della libertà economica, si dichiara, va risolto al di fuori della questione delle razze: il mito del « negro », del povero schiavo di colore martoriato dall'avido capitalista diventa un'arma di battaglia della stampa di sinistra ita- · liana per la lotta contro le tendenze conservatrici (1). Certo negli anni '61-'65, in Italia majora premttnt; e una parte della stampa italiana non ha precise notizie sulla lotta che Lincoln conduce nel continente americano: talora si confonde addirittura l' « eroe » nord-americano con i suoi avversari per quanto riguarda le posizioni sociali (2), ma in genere la stampa di « sinistra » segue con molto interesse la guerra di secessione e talora dà ampi resoconti. Abbiamo detto stampa di « sinistra », e lo abbiamo detto con una certa improprietà rispetto al termine odierno, perché in essa comprendiamo la stampa in polemica con i conservatori e con i moderati: e cioè la stampa a tendenza democratica e quella più direttamente operaistica: ma in sostanza quella che in quel giro di tempo si intendeva per stampa di sinistra. Non sarà male però, in alcuni sondaggi, cogliere l'essenza di questo nuovo mito che viene agitato nella lotta a favore del la classe operaia. Il mondo viene diviso in due categorie: da una parte i ricchi, i feudali, i padroni che opprimono il popolo dei lavoratòri - siano essi bianchi o neri -, dall'altra i generosi operai tenuti lontani dalla vita civile e politica ed abbrutiti socialmente; nel giornale di Napoli L'operajo, pubblicato per cura e a spese delle Società operaie, si accomunano proprio su uno stesso piano gli oppressori dei bianchi e dei neri: « la storia delle oppressioni non ( l) In realtà il mito del negro era comparso in Italia, sia pure fugacemente, sul finire del Settecento; ma era stato adoperato in ben altro senso, vale a dire come preludio all'esaltazione della nobiltà e utilità della proprietà privata: cfr. G. SCOLA, Saggio sopra le pubbliche imposte, Venezia. 1787, pag. 73: « la le.gal proprietà dei terreni e dei mobili, la libertà personale, che ne accordano la disposizione e il maneggio d!etro alla prescrizione di leggi a tutti comuni, sono gli stimoli più forti dell'attività, dell'industria, e dei talenti, attaccando l'uomo alle cose da lui quasi create. instillando l'amor di famiglia, il sentimento di posteromania, .che lo rende provvido per l'avvenire; e se il negro legato alle piantagioni d'America senza pensiero per la sua sussistenza, pel suo vestito, per l'abitazione-, medita disperato in mezzo all'apparente tranquillità della sua vita o una ribellion micidiale, o un suicidio, il povero contadino europeo sicuro possessore d'una capanna, di t.erreno ristretto, di rozza mobiglia, tollera. allegramente stenti e fatiche, paga volentieri al suo sovrano un tributo. né pensa che a viver per sé e per la tenera famiglia che gli scherza d'intorno)>, (2) Cfr. « li Tribuno ►>, 28 aprile 1862.
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