Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

GIUSEPPE BOVINI si sprigiona in modo particolare dagli occhi, il cui taglio è molto allungato• e la cui pupilla è resa con un piccolo incavo. A questa persistenza di motivi classicistici nella scultura, ben si applicano le parole del poeta greco-alessandrino Claudiano ( 1): Hinc priscae redeunt artes; felicibus inde Ingeniis aperitur iter despectaque Musae Colla levant.... Questi stessi caratteri predominano anche nell'età ono1·itma (395-423). Infatti se talvolta i volti - come quelli delle due Sante lnteramnati scolpite sulla fronte d'un sarcofago ora nel Camposanto Teutonico di Roma (2) - sono decisamente orientati verso un'impostazione sferoidale, oppure sono modellati - come quelli di Catervio e Severina nel centro del sarcofago della Cattedrale di Tolentino (3) - con una linea rotondeggiante ed improntati ad uno spiccato senso coloristico (che si rivela nella predilezione di nascondere l'impalcatura ossea sotto una massa soffice e pastosa, nella rifinitura morbida delle larghe ciocche virgolate dell'uomo e nel rendimento ornamentale della chioma della donna), tuttavia nella generalità dei casi si avverte un'accentuazione di quell'elemento che svela lo spirito del tempo pervaso da una tristezza rassegnata. L'ombra nera della trapanatura che spicca al centro dei lunghi occhi a mandorla dei coniugi rappresentati sul sarcofago anconitano di Gorgonio (4) rende bene questo sentimento, poiché la fissità dello sguardo si avvolge in un velo di dolore [fig. 5]. * * * In tutti questi volti che rivelano l'infinita gamma dei sentimenti umani, da quelli che mostrano un'intima pena a quelli che rispecchiano un'interna serenità di spirito, si può cogliere, in genere, un elemento comune: l'aspirazione verso un mondo immateriale. Quest'espressione è affidata soprattutto allo sguardo: ecco perché questo si vede tanto spesso vagare senza una meta e il volto, troncato ogni collegamento ed ogni rapporto con lo spettatore, mostra di trovarsi in uno strano isolamento. Non di rado però lo sguardo, pur perdendosi nella lontananza, è fissamente diretto verso l'alto, verso qualche cosa di immoto: è quel1' &:rev(~eiv, quel « lumina in altum tendere» che in alcuni scrittori (5) della tarda antichità è usato anche a significare l'unione con Dio. GIUSEPPE BOVINI (1) CLAUDIANUS, De consulatu Stilichonis, Il, vv. 126-128. (2) G. W!LPERT, o. c., tav. CCXXXVIII, I. (3) G. W!LPERT, o. c., tav. XCIV, 1; LXXII-LXXIII. ( 4) G. W11PERT, o. c., tav. XIV, 4. O) THEMISTIUS, Orationes, IV, 51 b.

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