IL RITRATTO SUI SARCOFAGI PALEOCRISTIANI E L'ARTE ROMANA 247 Nell'età tardo-costantiniana (325-337) questo timido riaffiorare di tendenze accentuatrici dei tratti fisionomici si fa sempre più raro. In sua vece si assiste ad una sempre maggiore affermazione della corrente classicistica che si compendia nella stesura delle superfici del volto, nella predilezione delle linee curve, nell'assenza della riproduzione graffita dell'iride e della pupilla, come si riscontra nella testa del giovinetto Fiorenzo raffigurato in divisa da ufficiale su di un sarcofago del Cimitero anonimo all'inizio di Via Tiburtina (1). Un'altra caratteristica che si ritrova talvolta sui ritratti di questo periodo è data da un vago tono di pateticità; i volti infatti, almeno in alcuni casi, appaiono animati da un'intima JVitaspirituale: l'esempio migliore è offerto dal ritratto di Claudiano sul coperchio d'un sarcofago del Museo Nazionale Romano (2), dove l'attenzione si concentra specialmente nel taglio della bocca leggermente dischiusa e nello sguardo pieno di dolore diretto verso un punto lontano. Le reminiscenze classicheggianti manifestatesi durante l'età proto e tardo-costantiniana si consolidano in quella post-costantiniana (337-379), giacché in questo periodo gli accenti naturalistici si fanno più frequenti: basta osservare i ritratti dei due uomini sul sarcofago lateranense detto dei « Due Fratelli>> (3) per rimanerne convinti [fig. 4]. I volti riprendono un modellato più plastico - come anche lo testimonia per esempio il ritratto d'un sarcofago del Museo di San Sebastiano ( 4) - ed i passaggi delle superfici carnee divengono nuovamente delicati. Ritorna persino in uso la lucida levigatura del marmo come lo prova la lattea, trasparente luminosità della testa 'd'un giovanetto su di un frammento del Cimitero di Sant'Ermete (5): così il moto di « rinascita » classica raggiunse il suo vertice. Pienamente giustificata perciò è la denominazione di « stile bello » data comunemente alla corrente artistica preponderante in questo periodo. Siamo giunti così all'età teodosiana (379-395) nella quale persistono gli accenti classicistici dell'età precedente. I piani facciali però, che annullano l'interna struttura ossea, tendono di nuovo, data l'assenza della ,vibrazione delle superfici, verso un processo semplificatore ed astratto. Dai volti ovali spira un ideale di bellezza mite e giovanile unito - come nelle « imagines clipeatae » di due coniugi sul sarcofago della Basilica di Sant'Ambrogio a Milano (6) - ad un senso lieve di melanconia, che (I) G. W11PERT, o. c., tav. CCLXXXI, 7. (2) G. WJLPERT, o. c., tav. CXXVII, 2. (3) G. W11PERT, o. c., tav. XCI. (4) G. W1LPERT, o. c., tav. CXXXIV, 3. (5) Inedito. Negativa del Pontificio Istituto di Archeologia Cristiana, n. 21114. (6) G. W11PERT, o. c., tav. XCIV, 2; CLXXXVIII-CLXXXIX.
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