IL RITRATTO SUI SARCOFAGI PALEOCRISTIANI E L'ARTE ROMANA 245 frase non esatta, ma pittoresca dello Strzygowski che la Grecia e Roma rimasero soffocate nell'abbraccio dell'Oriente: « Hellas und Rom ersticken in des Orients Umarmung » (1). Tali caratteri di stereometrizzazione continuarono in età tetrarchica (284-312). In questo periodo l'aderenza alla realtà fisionomica si dissolve ancor più fino ad annullarsi quasi del tutto - come si vede in una piccola figura d'orante del Cimitero dei Giordani (2) - e favorire quindi una singolare rassomiglianza fra diversi ritratti. Lo stesso fenomeno è stato registrato sulle monete, tanto che il Cohen (3) ha giustamente fatto rilevare che « une méme grosse téte se trouve avec des differences presque imperceptibles sur !es pièces de Dioclètien, Maximien Hercule ..., Sévère II, Galère Maximien, Maximin Daia, Licinius ». Ciò è una conferma del fatto che fra Io sviluppo della scultura e quello dell'iconografia monetale vi fu effettivamente - come ha osservato il Castelfranco ( 4) - una evidente analogia, talché si può dire che i « due sviluppi si siano disposti nel tempo (con precedenza di pochi anni per la scultura) come due curve parallele su un diagramma». Il rilievo inoltre in questo periodo diviene generalmente piatto, schiacciato e le varie figure, testa compresa, sono spesso limitate da contorni netti, ottenuti con linee a forma di solco, i quali determinano quel caratteristico effetto che il Riegl chiamò delle « ombre perimetrali ». Lo sguardo assume talvolta una fissità impressionante, come nelle due oranti del coperchio di sarcofago di Palazzo Guglielmi (5) o nei due coniugi figurati insieme con la loro figlioletta su di un coperchio del Camposanto Teutonico (6), cosicché è indubitabile che l'artista abbia voluto imprimere in queste immagini un non so che di astratto e di extra-temporale. Accanto a questa tendenza « paratattica », come la chiama il Krahmer (7), cioè negatrice della forma organica, un'altra si vede affiorare verso gli ultimi anni di questo periodo: è quella « ipotattica » che riporta alla visione naturalistica mediante un ritorno alla plasticità, come si può vedere per esempio nel volto dell'orante del sarcofago callistiano detto di Santa Sotere (8) assegnabile a circa il 310, che si esprime con morbidezza di accenti e riesce persino a mettere in risalto il senso intimo di una delicata spiritualità mediante il lieve ritmo dell'inclinazione della testa. (1) J. STRZYG0WSKI, « Beilage Muenchener allgemeinen Zeitung », 40-41 (18-19 febbraio 1902). (2) E. Josr, in « Rivistll di Archeologia Cristiana». 1931, p. 207, fig. 30. (3) CoHEN, Deuription his10,iq11e de1 mon11aiei frappées sous /'Empire Romain, VI, p. 491. ( 4) G. CASTELFRANCO, L'arie della moneta nel tardo Impero, in « Critica d'arte», 1937, p. 12. (5) G. WILPERT, o. c., tav. LXXXIV, 2. ( 6) G. WILPERT, o. c., tav. ve, 6. (7) KRAHMER, Fig11r und Raum ìn de, aegypt. 1md g,inhiJch-arrhaiuhell Kumt, Halle, 1931, p. 28. (8) G. WILPERT, o. c., tav. CLIX, 2.
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