Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

GIUSEPPE BOVINI infatti fu troppo breve perché il movimento rinascime~tale potesse mettere salde radici. D'altra parte il fattore espressionistico dell'età post-severiana era troppo intimamente innestato nell'anima romana perché anche nella rinnovata tradizione classicistica dell'età gallienica non dovesse lasciare qualche impronta. La corrente del realismo diminuì, ma la tendenza espressiva non fu del tutto vinta. Affievolitosi perciò l'impulso filo-ellenico degli artisti della corte di Salonina, l'aspirazione verso l'espressionismo riacquistò in età post-gallienica (268-284) tutto il suo vigore riuscendo a permeare di sé anche diversi ritratti femminili: quello della vecchia figurata nel centro del sarcofago lateranense con due musiciste ai lati (1), ne costituisce un esempio significativo. Intanto lo sviluppo verso la semplificazione si fa sempre più impe• rioso: la riduzione della forma si riscontra specialmente nelle guance e nella fronte che, al pari della massa dei capelli, hanno perduto la loro in· dividualità plastica, cosicché, nella costruzione architettonica del volto, esse vengono a formare - come in quello d'un giovane uomo del Museo di Pretestato (2) - un sistema statico. La disposiziol)e dei capelli che delimitano geometricamente la fronte, i labbri fini strettamente ed orizzontalmente chiusi, accennano già alla stilizzazione delle forme. Il volto, in altri termini, si va irrigidendo, fissando e quasi « cristallizzando » nello spazio. Per mezzo di questo convenzionalismo formale che si risolve per lo più in una composizione di rigido frontalismo, la persona figurata sembra maggiormente estranea a tutto ciò che accade, sembra indifferente ad ogni cambiamento, inaccessibile ad ogni moto di dolore, in una parola sembra separata dal mondo. Superate le limitazioni imposte dalla riproduzione esteriore delle ac· cidentalità fisionomiche, oltrepassati cioè i vincoli di ogni costrizione di verosimiglianza naturalistica a fine d'esprimere l'intimo nucleo essenziale della personalità del soggetto, cioè il carattere morale che l'artista si era sforzato di rendere, è chiaro che i valori espressivi abbiano fortemente teso a concretarsi nella rigidezza geometrica della visione di massa che trascende dalla costruzione interna: è quello che si può riscontrare nel volto di un «dottore» raffigurato, sia pure semplicemente in abbozzo, su di un frammento di sarcofago del Castello Sforzesco di Milano (3). Siamo nel campo della « stereometrizzazione »: a tale nuova impostazione artistica non furono certamente estranee le tendenze orientali verso la simmetria e la frontalità; talché non si può fare a meno di pensare alla (I) G. WILPERT, o. c., tav. CXXXIII, 3. (2) G. WILPERT, o. c., tav. CCLXXIX, 10. (3) G. WILPERT, o. c., tav. CCLII, 2.

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