Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

242 GIUSEPPE BOVINI ducono un sorprendente effetto di colore: in tal modo si afferma l'illusionismo nell'arte del III secolo. Nell'età post-severia11a (235-253), che vede succedersi sul trono imperiale, oltre ai Gordiani ed ai Filippi, una ridda di imperatori effimeri sino a che non viene eletto Valeriano, accanto ai forti valori pittorici, determinati dalle parti accessorie del volto (capelli, barba), subentra uno studio più vivo del carattere e del sentimento che conferisce ai lineamenti del volto un senso maggiore di vita. Questa corrente di realismo è formata da due ondate parallele, che derivano dal medesimo spirito espressionistico, ma che hanno un'intensità diversa. L'una, più tenue, è più vicina al carattere severiano; l'altra, più vigorosa, sembra che in certo qual modo tenti di far riaffiorare quei caratteri che erano stati propri della ritrattistica etrusco-italica. Al primo indirizzo appartiene per esempio il ritratto virile scolpito dentro un medaglione frammentario del Museo di Pretestato (l); al secondo le « imagines clipeatae » di due coniugi del Museo di San Sebastiano (2) ed un ritratto di donna pure del Museo di Pretestato (3) [fig. 1]. Qui la reazione al classicismo è violenta: la visione realistica trionfa e la ricerca psicologica diviene quanto mai intensa. I volti appaiono più animati, più vivi, più passionali e patetici come mai lo erano stati e mai più lo saranno nel corso del III secolo. Vi si nota uno studio vero e proprio del valore che determina il fattore espressione. La forma del volto non è più resa come prima con grande semplificazione; al contrario il gioco· degli strati della pelle e dei passaggi facciali è pasto nel più grande risalto. Attraverso l'accentuazione delle parti più nervose del volto, decisive per l'espressione, quali il combinato meccanismo dei muscoli e specialmente del frontale, del sopraccigliare, dell'orbicolare delle labbra e del gran zigomatico, le cui contrazioni si riflettono alla superficie, l'artista riesce a realizzare sulla faccia quella fisionomia che ha ideato. I particolari esteriori, determinati dai tratti fisionomici, si risolvono così in sole macchie d'ombra e di luce, ma rendono con straordinaria vivezza la momentanea intonazione spirituale. Gli artisti più che dell'interna costruzione della testa si preoccupano dell'espressione della vita interiore che deve brillare alla superficie: si insinua così quella nota trascendentale che si manifesta soprattutto nell'espressione degli occhi i quali, pur guardando lontano nel vuoto, ·lasciano scorgere l'intima vita spirituale che spesso è dominata da un profondo senso di tristezza. Non bisogna però dimenticare che in questo periodo past-severiano non tutti i ritratti presentano quella tormentata rete di linee nella quale - (I) G. WJLPERT, o. r., tav. CCLXXV, 4'. (2) G. W1LPERT, o. r., tav. CCLXXVII, 2. (3) M. GuETsCHow, Dai A1useum dtr Prat1txta1-Ka1akombt in • Memorie della Pontificia Accademia Romana di Archeologia», serie JJI, vo~ IV, rav. X:XXJ, 1•2.

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