Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

IL RITRATTO SUI SARCOFAGI PALEOCRISTIANI E L'ARTE ROMANA 24I cui ritratti, pur nella innegabile plasticità dei volti, svelano nelle chiome intenti indiscutibilmente pittorici. Se questa è l'intonazione predominante della ritrattistica di questo periodo, alcune teste rivelano tuttavia l'esistenza di altre tendenze artistiche. Così accanto a quella « accademica », che si risolve nella levigatezza dei piani facciali i cui delicati passaggi conferiscono al volto - come nel ritratto della giovane donna figurata su di un sarcofago dei primi anni del III secolo, ora conservato nel Chiostro della Chiesa dei SS. Quattro Coronati (1) - un senso di bellezza adombrato da un lieve velo di malinconia, una nuova tendenza si manifesta con caratteri del tutto opposti: è quella «veristica» che trae il suo alimento dall'ansia, propria dell'arte romana, di esprimersi con un linguaggio aderente alla realtà. Questa aspirazione è ben ravvisabile, per esempio, sul volto severo dell'orante del sarcofago di La Gayolle attualmente nella Cappella del Sacro Cuore di Brignoles (2) databile a circa il 220, il quale mostra tratti obbiettivamente individuali, come ne fa fede specialmente il singolare taglio della bocca dagli angoli ribassati. L'adeguamento al dato di fatto fisionomico non è tuttavia portato ali' estrema conseguenza d'una registrazione analiticamente accurata dei più piccoli particolari, ma si placa in un rendimento equilibratamente naturalistico. Durante l'età tardo-severiana (222-235), che corrisponde al periodo di regno di Alessandro Severo, continua ancora questa corrente, come dimostra il busto di donna sul sarcofago ostiense dell'Isola Sacra (3) recentemente rinvenuto; tuttavia, qualche <Volta, il ritratto si libera del tutto dal.la riproduzione della verità contingente per elevarsi stno ai vertici d'una bellezza ideale mediante un ritorno classicistico, come si può scorgere nel bel volto di una orante sopra un sarcofago con scena di insegnamento rinvenuto nella necropoli di Tarragona (4). Soprattutto notevole però in questo periodo è l'affermarsi di un accentuato pittoricismo che trova la sua maggiore estrinsecazione nel rendimento « ottico » dei capelli delle teste virili: queste infatti assumono una forma di calotta sempre più chiusa e compatta giacché la massa dei capelli, abbandonata del tutto la plasticità nella riproduzione dei singoli ricci, viene raffigurata mediante piccoli tratti graffiti, come si vede in un giovane figurato nel clipeo d'un sarcofago del Chiostro di San Paolo fuori le mura (5). Le frequenti e leggere incisioni, che di per sé non hanno la minima somiglianza con i capelli naturali, acquistano nella prospettiva la forma desiderata e con i loro incavi, mentre arrestando la luce creano l'ombra, pro- ( I) A. MuRoz, Il reJ1a11rodella Chiesa e del Chio1tro dei 5S. Q11al/ro Coronati, Roma, 1914, fig. 168, p. 128. (2) G. WILPERT, o. c., tav. I, 3. (3) G. Ricci, Notizie Scavi di Antichità, 1939, pp. 68-9, figg. 12-14. ( 4) G. WILPERT, o. c., tav. VII, 2. ( 5) G. WILPERT, o. c., tav. 111, 2. I lì. - Quaderni di Roma.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==