166 ROBERT GIVORD Dio ha un rispetto infinito della libertà umana. Per caratterizzare questo rispetto, Guardini si serve di un'idea alla quale dà molta importanza: la serietà del!' amore divino. Egli reagisce contro certe abi_tudinidi pensiero che sembrano accordare troppo al potere arbitrario della volontà divina nella realizzazione della storia del mondo, e ritorna, con notevole insistenza, in più di un passo dei suoi scritti, sull'idea che la storia delle relazioni tra Dio e l'uomo dipende in gran parte, nelle sue modalità, dalle libere scelte, dalle accettazioni o dai rifiuti dell'uomo. E non esita a definire « pietà superficiale » la formula corrente che dichiara che « gli intenti divini non possono essere resi vani » ( 1). Già prima di Cristo il decreto della salvezza è stato condizionato da una serie di atti storici. Se Abramo non avesse risposto ali' appello di Dio, le promesse legate alla sua fede si sarebbero spente, e tutti gli uomini avrebbero dovuto subirne le conseguenze. L'intera storia del popolo ebraico è così determinata dalla successione delle sue fedeltà e delle sue mancanze. Dio rimane fedele alle sue promesse, è vero, ma ogni decisione libera dell'uomo orienta la storia in un senso esclusivo e irreversibile. Ora Dio stesso ha voluto, con l'Incarnazione, inserirsi in una situazione storica, legarsi a un punto minuscolo dello spazio e del tempo, accettare tutte le alee d'una storia generata in parte dalle volontà ribelli degli uomini. Il concetto paradossale di un « destino di Dio » è da allora divenuto una verità: « Contro.senso apparente, ma che è il segno d'una verità più alta .... Che Dio, davanti a cui il mondo è un nulla prenda· abbastanza sul serio questo mondo per accettare d'essere eternamente determinato da lui, mette con la massima evidenza in rilievo la fondamentale rivelazione che Dio è una Persona agente per la pura iniziativa della sua libera <volontà, la quale diventa lei stessa attrice nella storia e accetta di subire un destino» (2). Adesso sappiamo che questo destino ha comportato il sacrifizio della Croce. Ma anche qui dobbiamo guardarci dal confondere il passato con il futuro. Ab,ituati a quanto è avvenuto, siamo portati a credere che la redenzione doveva fatalmente compiersi come si è compiuta. Ma non è così. In principio, osserva Guardini, Gesù non parla della sua morte. Se il popolo si fosse aperto all'appello del Salvatore, le profezie messianiche annuncianti un regno ideale di grazia e di santità si sarebbero realizzate. I cuori degli Ebrei, invece di indurirsi seguendo i loro capi religiosi, sarebbero stati docili. Allora la redenzione si sarebbe prodotta in altro modo e la storia sarebbe stata mutata, prospettiva che Guardini evoca sempre con rammarico e nostalgia. Parlando delle beatitudini e del discorso della Montagna, egli ci in- ( I) Die Of/enbaru11g, Wurzburg 1940, p. 60. Nelle meditazioni che riportiamo, Guardini indubbiamente non vuole prendere posizione tra le diverse opinioni teologiche sul difficile problema delle relazioni tra la prescienza divina e la libertà umana. Egli insiste soltanto con forza su di un aspetto di queste relazioni, e afferma la necessità di manténere la contingenza reale degli avvenimenti storici -condizionati dalla libertà dell'uomo, quando ci si pone dal punto di vista dell"essere impegnato nel tempo. (2) lbid., pp. 7~·76.
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