Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

MOTIVI RELIGIOSI ED ETICI DEI (( PERSIANI » DI ESCHILO 237 peggio dei mali, pena della loro ingiustizia e degli empi (lett.: « che tengono in non cale la Divinità ») consigli (u~pe:wç oc1towcxcxt &-&iwv cppov'I)• µchwv): essi che venendo nella terra d'Ellade non ebbero pudore di depre· dare i divini simulacri e di bruciarne i templi; annientati gli altari, i simulacri eretti agli dei sono stati rovesciati dal profondo delle basi ( e giacciono) confusi a terra. Perciò, male avendo operato, non inferiori pene patiscono, e altro li attende, e ancora non hanno toccato il fondo dei mali, ma altri ancora ne sorgono: perché tanto grande sarà la libazione di sangue da parte della dorica lancia sulla terra di Platea, e cumuli di morti fino alla terza ge· nerazione silenziosi mostreranno agli oèchi degli uomini che bisogna che chi è mortale non insuperbisca (oò:x.Ù1tÉpcpe:&uv·~-ròvov,cx:X.P'YC)fpove:'i:v) ». Ed ecco la conclusione di tutta la tragedia, espressa in termini lirici che richiamano ancora una volta, e anche nella terminologia, gli analoghi passi dell'Agamennone e di altre tragedie eschilee, ma che, in questa po· sizione, si pongono in evidenza ed efficacia anche maggiori: « Giacché l'ingiustizia (!l~piç) fiorendo fruttifica spiga di rovina (oc-r'l)ç), donde si raccoglie messe piena di lutto ». E segue l'insegnamento di saggezza: « Questi fatti vedendo e di essi le pene, ricordatevi di Atene e della Grecia, e nessuno sprezzando la pre· sente sorte (,òv 1tcxp6v-rc8x0:[µ0•10:) distrugga un gran bene invaghito di altri (beni): Zeus sovrasta ( !'1te:1mv), correttore di smodata superbia, moderatore austero (e:6~voç ~cxp&ç). Perciò, lui ( scii. Serse) che ha bisogno di senno, voi indirizzatelo con sapienti richiami, sì che cessi di, offendere il Dio con superbia oltracotante (À'ìj~cxi-&eo~Àcx~otiv&ù1' te:px6µrccr&pcxcm) »· Non occorrono altre parole per sottolineare il contenuto morale di questa catarsi e del concetto eschileo di un Dio incommensurabile e giusto, che indirizza gli uomini, anche punendoli, al bene: « Tòv cppove:'i:v~po,oùç é8wacxv,cx, ,0 1tcx&e:µi cx&oç&év,cxxuplwç t::x.eiv » (1), « Colui che mette gli uomini sulla strada della saggezza, educandoli col ;valido insegnamento del dolore », saggezza che, nella sua suprema espressione, si risolve in canto di trionfo e di lode per Lui: « Z'ìjvcx 8é ,iç rcpocpp6vwçtmvlxicx xÀcxl;wv, ,e:~e:-rcxi ,:ppevwv,ò 7tOC'I » ( 2). * * * La catarsi è compiuta (3), le cause dei fatti e le responsabilità sono interamente chiarite, alle colpe individuali di Serse si sono unite le colpe della massa dei sudditi. La tragedia è viva, attuale, lì su quella terra ateniese, da ( 1) Agam., v. 176 sg. (~ iv,, v. I74 sg. (3) Quanto segue (arrivo e lamentazione di Serse) non è che il complemento dell'azione tragica.

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