Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

MOTIVI RELIGIOSI ED ETICI DEI ((PERSIANI» DI ESCHILO 23I Come contrapposto a questo timore c'è anche la speranza di una nuova µe:,cfo-,cr.at<; divina, già espressa alla fine dell'episodio primo: « Agli dei anzitutto voglio innalzare voti, poi verrò a portare doni alla terra e ai morti ... ; so che m'adopro per cose ormai compiute, ma (voglio tentare) se per l'avvenire qualcosa di meglio possa accadere» (1). Al coro, poi, non resterà che evocare la voce della saggezza, Dario, ormai trasumanata nel mondo degli Inferi, che è anche la voce della speranza: « Orsù, terrestri, puri demoni, Terra ed Ermete, o re degli Inferi, mandate di giù alla luce l'anima (di Dario): giacché se conosce un rimedio più efficace dei mali (che ci affliggono) solo ce ne potrà dire il termine» (2). * * * Il secondo stasimo è l'evocazione vera e propria: la figura di Dario ci si ingigantisce davanti nelle parole del coro, straordinariamente affettuose: « il beato re, ~imile a un dio», « il glorioso ~cr.lµwv », « qual mai la Persia nutd »; di lui (Strofe II) si glorifica anzitutto la saggezza, che ha triste riscontro in Serse. « A1dòneus, invia Dario, il re unico ( senza pari). Ché mai perdette egli i (suoi) uomini in disastrose sciagure di guerra e divinamente saggio fu chiamato tra i Persiani» (3). L'invocazione ha il culmine nell'ultimo verso della strofe e antistrofe di questo stasimo secondo: « Vieni, o padre buono (&xo:xe:) Dario, deh! ». Ora è apparsa l'ombra di Dario, ancora circonfusa, agli occhi del coro (4), dell'antica, divina, paterna maestà, con l'« antico rispetto» (v. 696 e 703) che essa produce. Per la timida riluttanza del coro a parlare, il re si rivolge alla sua compagna, che vede piangente presso il sepolcro, sentenziando: « Umane sciagure son quelle che possono accadere ai mortali; molti mali sorgono agli uomini dal mare, molti dalla terra,~se troppo tarda la rvita si prolunga lontano » ( 5). La risposta della regina è intonata: « O tu, che tutti i mortali superasti in prosperità, per felice destino, perché finché vedesti ( 1) vv. 522 sgg. Interessa confrontare dal punto di vista formale e del costume questo atteggiamento della regina, ·con quello, in tutt'altra occasione, dei sovrao-i babilonesi che, annualmente, deposti gli attributi regali, umiliavano nel tempio la loro regalità. Genericamente quest'atteggiamento dovrà perciò essere spiegato, al di là dei concreti esempi storici, come un elemento proprio ·dell'universale natura umana. ( 2) vv. 628 sgg. Come si vede, il « glorioso spirito » ( 8a:(µo,v µ<y.xux_~çd) i Dario resta cosciente, fornito di autorità ç delle virtù avute sulla terra: dr. i vv. 684 e 691 sgg. (3) vv. 650 sgg. (4) E non solo di esso: cfr. v. sgg.: « tuttavia, avendo acquistato potere tra loro (- gli dei inferi -), io sono venuto». 0) V. 706 sgg. trad. GHEZZO.

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