228 UGO BIANCHI dei non sfuggono quelli che hanno versato molto sangue. Col tempo le n ere Erinni (personificazione corrispondente ad Ate), chi è fortunato senza giustizia con un violento mutamento della vita lo annientano» (1). Il concetto fondamentale, quindi, è sempre quello che, per citare ancora il Coro de1l'Agamennone, possiamo rienunciare con le parole stesse inequivocabili del poeta: « Un antico detto corre tra i mortali: - la prosperità di un uomo, divenuta grande, genera, non muore senza figli; e dalla buona fortuna germoglia un'insaziabile sventura. - In disparte dagli altri, io so110solo nei/a mia opinione: l'azione empia ne genet<adopo pirì altt'e, simili ,alla sua schiatta, ma la prosperità delle case giuste ha sempte destino di bella prole» (2). Come si vede, Eschilo stesso - perché è lui che qui parla - ci dice espressamente la sua avversione al concetto volgare dello q,&ovoç &d;iv. * * * Ormai è possibile, poste queste premesse, avanzare a gran passi verso la risoluzione ideale della tragedia; le parole del Nunzio, che giunge a q uesto punto a prolungare col suo racconto della smisurata disfatta dei Pers iani il lunghissimo episodio primo (3), se da un lato introducono la « catastrofe», non rivestono, per l'indagatore del pensiero eschileo, un'importan za maggiore di quella che rivestono le espressioni della regina. Sono pa role di un personaggio secondario, espressioni di un combattente, che recrimina quella che per lui è l'inspiegabile sconfitta dei suoi: espressioni indeterminate che rientrano nel normale linguaggio del popolo (4) e che, appunto per la loro indeterminatezza, ben convengono alla prima parte del dramma; più tardi, nella parte risolutiva - catartica -, verrà in luce, nella sua causalità etica, il significato religioso dell'azione tragica. Parla dunque il n unzio di un &~w•1 q,&6vo;, ostilità degli dei (v. 362), (male sarebbe tradotto, qui, « invidia »), di un 8oc(µwv che rovinò l'esercito « grmando i piatti della bilancia con sorte non uguale» (5), di un « futuro che da parte degli dei si preparava» (v. 373), di un« &Mcnwp 'i) xocxòç8oc[µwv » suscitato chissà da dove (v. 353). 'AMa-.wp è una parola molto interessante: indica un genio vendicatore che perseguita chi è in debito con la giustizia; significa infatti ( 1) b interessante notare un altro parallelismo tra l'Agamennone e i Persiani; il « violento mutamento» delle Erinni corrisponde al « cambiar atteggiamento» (µe,O(a"1jµ,) del 8:x(µwv 1tocÀoc,6~. (Pus., v. l58). (2) Antistrofe lii del Il stasimo, trad. Perrotta. (3) li timore espresso dalla regina si avvera fin dalle prime parole del nunzio: « In un sol colpo è rovinata molta prosperità» (v. 251). ( 4) Cfr. anche PER.ROTTA, Op. rit., pag. l4. Anche l'araldo dell'Agamennone, parlando di una tempesta, la dice« non senza ira da parte degli dei» (v. 649) . ( 5) L'esaltazione della Grecia viene qui in primo piano, ma parte dal Nunzio, che ricorda il sacro canto innalzato dai Greci prima del combattimento. Altre e spressioni del Nunzio da interpretarsi nella maniera indicata sono ai vv. 454 e 514.
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