MOTIVI RELIGIOSI ED ETICI DEI «PERSIANI)) DI ESCHILO 225 funzionalità del coro devia poi decisamente verso l'esautoramento dello stesso, e quindi verso la soppressione. Ma torniamo ai Persiani, che ci proponiamo di analizzare. La tragedia risale al 472, come secondo dramma di una trilogia di cui facevano parte il Fineo e il Glauco Potnieo, e, come dramma satiresco, il Prometeo rr upxoceuç. l Persiani possono di-vidersi in due grandi sezioni: la prima costituisce la preparazione, in cui si pongono gli elementi tragici, la seconda costituisce la « catarsi », e in essa quegli elementi trovano la loro giustificata soluzione, che è, secondo la giusta interpretazione aristotelica ( tanto superiore qui alla platonica), una purificazione e insieme, in ultima analisi, un rasserenamento. Caratteristici della prima sezione sono i presagi oscuri e confusi, propria della seconda la visione chiara e distinta delle cause dei fatti (1). Naturalmente, tutto questo in termini di vitalità poetica, che qui non ricerchiamo direttamente. La tragedia, secondo lo schema primitivo, ha inizio con la parodos, l'entrata del coro (2), il quale accenna subito a presagi di sciagure (3): da lungo tempo partì l'esercito e nessun messo si vede: non solo, ma quel che più spaventa sono i mezzi inauditi messi in opera dal re, primo di tutti il « giogo » gettato sulla corrente di Elle Atamantide per far tra· ghettare l'esercito. Bisogna apprezzare nel suo giusto valore intenzionale questa parola familiare al poeta (4), e l'abuso enorme compiuto da Serse verso l'inviolabilità sacrale del mare, abuso che verrà rievocato, nella sua evidenza, nella seconda sezione della tragedia. Subito dopo intervengono espressioni che potrebbero indurre in errore chi non tenesse conto della tragedia nella sua interezza, ma si fermasse materialmente ad esse: il coro, ispirato dai suoi timori, dopo aver esaltato l'irresistibile flutto dei Persiani, ( I) In altre parole: dapprima si vede la tragedia dal di fuoni, poi dal di dentro, anche col ricorso all'ombra di Dario, la cui evocazione, profondamente pervasa di viva umanità, è tutt'altro che un comune deu, ex ,nachùta che avrebbe ripugnato ad Eschilo. E d'altronde è da osservare che proprio nella prima parte abbondano quelle espressioni che: indussero molti a parlare - a torto - di un fatalismo del poeta di Eleusi. (2) Pochi anni prima (476) Frinico aveva dato le Fenicie: il valore etico e tragico di questa tragedia doveva essere infinitamente inferiore a quello dei Persiani. Ben nota il MAzoN, Op. cii., pap. 56: «Il (Phrinique) n'avait guère vu que le ooté pathetique du sujet ». Si tratterebbe « moins (d)'une tragédie que (d)'une sorte de cantate». Sempre secondo le osservazioni del Mazon ( I. c.) Eschilo si rifà al 1 ° ·verso del prologo del dramma di Frinico: « T&8' èa.:t Ilepc,ò,,, -rò,v ;,;&),,xo. f3sf3·~z.\~w,», e poi sviluppa in modo nuovo la tragedia. Aggiungerò che è importante notare che in Frinico il coro già sa fin dall'inizio la disfatta: questo non si riscontra nei Persiani, perché avrebbe sottratto al poeta l'aspettazione del coro timoroso e carico di cattivi presagi, che è un elemento tragico per Eschilo fondamentale. Ma anche riguardo alla qualità dei componenti del coro c'è un'importante novità nel poeta di Eleusi: « Le choeur des Perses, nota ancora il M., n'est pas comme celui des Phénic., composé de femmes, qui ne sauraient que gémir sur le sort de leurs proches. Il est formé des conseillers memes du Grand Roi, les Fidèles, qui sont capables de mesurer l'importance historique du désastre subi par les barbares », e anche - aggiungerei - il suo significato umano e il suo insegnamento. (3) v. 10; il Coro deH'Agamennone si troverà in situazione analoga. ( 4) Essa, naturalmente, indica la violenta sottomissione di qualcuno, ed evoca molto felicemente il ricordo del ponte di barche gettato dal re persiano sull'Ellesponto. 15. - Quaderni di Roma.
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