Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

224 UGO BIANCHI cologico e storico. Bisogna riflettere che questa concezione inferiore non appare che dove personaggi e scene dicono di per sé riferimento alla ma• teria mitologica, come, per esempio, nel complicato andirivieni umanodivino delle Eumenidi (1); si può dire quindi che, se al poeta è presente il dato mitologico su cui egli deve lavorare, a un tutt'altro piano della sua coscienza, e questo il più alto ed interiore, appartiene lo Zeus dei solenni cori dei vegliardi di Argo e dei « fedeli » Persiani (2). * * * Come è noto, l'antichità ci ha tramandato sotto il nome di Eschilo sette tragedie, compreso il Pron1eteo. Le prime in ordine di tempo sono le Supplici e i Persiani: ce lo rivela, non foss'altro, la loro struttura prevalente· mente corale, ancora così vicina al ditirambo. Si può dire anzi che nelle Supplici Eschilo non abbia ancora realizzato l'innovazione che Aristotele gli attribuisce, di aver fatto protagonista non più il coro, ma il dialogo. La tragedia si s.volge tutta nelle figlie di Danao, nei loro sentimenti, im· pulsi e preghiere (3), e testimonia come fin dall'inizio della sua carriera poetica Eschilo abbia avuto della Divinità un'idea pura. Anche nei Persiani si ritrova il mondo interiore eschileo; il dramma si svolge non più solo nel coro dei vecchi « fedeli » ( o di tutta la popolazione che essi rappresentano, trnvolta dall'infausta guerra), ma anche nella regina e nello sciagurato Serse. In seguito questa evoluzione strutturale - che ha il suo corrispettivo nell'espressione di umanità - sarà nei Sette a Tebe perfezionata (è questa principalmente la tragedia dei sin· goli eroi) e nell'Orestea compiuta: nella trilogia infatti tragici sono i ca· ratteri e le azioni e passioni dei singoli (Agamennone, Clitemestra, Oreste, Elettra), benché il coro mantenga sempre una precisa funzione strut· turale, e bene spesso intervenga o minacci d'intervenire nell'azione. In So· focle e in Euripide, e più negli epigoni della tragedia, l'evolversi della (I) Per quanto riguarda lo Zeus delle Supplici, esaltato con tanta altezza d·espressione, bisogna notare che i riferimenti fatti altrove dalle Danaidi alla leggenda di lo sono suggeriti al coro da una preoccupazione << pro domo sua » e fanno comunque parte del materiale mitico preesistente al poeta. Inoltre è fondamentale osservare che qui il poeta non dà ragione e non parla affatto per bocca del coro, che è in preda all'U~t=ti:;e, chiede con dismisura, e quindi non verrà esaudito. Le istanze delle Danaidi non coincidono cioè con la giustizia di Zeus, che es.se con elevate parole hanno all'inizio del canto esaltata. (2) A parte andrebbe studiata la questione dell'autenticità e del significato del Prometeo, ancora così incerta (PERROITA, Op. cit., pag. 45~ di opposto p:1.rerecirca l'autenticità id., Sto• ria della Le//er. greca, voi. II pag. 67), tenendo conto ad ogni modo, e ben lo nota il Per• rotta, che i moderni che trattarono questo mit0 ( come Goethe e Shelley) interpretarono in significato del tutto diverso - estremisticamente romantico - la figura del Titano. Si può anche notare che Shelley trasformò intenzionalmente e completamente la conclusione dell'azione mitica: dr. la Prefazione al Rromethe111Unbound. (3) Cfr. MAZON, Op. cit., pag. 3.

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