206 MARIO SANCIPRIANO ancora (Maturi, 1946) approfondisce il pensiero del suo maestro di filosofia in liceo per il quale « la verità vera è nella produttività infinita della natura e nella libera creativa dello spirito umano », ora non c'è più alcun dubbio ( se mai ce ne fossero stati) che il Guzzo si oppone ad ogni forma immanentistica di idealismo religioso. In questa luce, i movimenti di pensiero ed esperienza sono rivissuti in unitaria necessarietà: il ragionamento non prolifera per partenogenesi, ma sotto la pressione di interessi empirici; come, d'altra parte, l'esperienza è, oltre che sentire, consapevolezza: « Se rammentiamo che esperienza è, oltre che sentire, anche renderci conto di quel che ci accade di pensare in un determinato momento, allora nessuna forma di razionalità potrà mai fare a meno di questa lettura, il più possibile attenta e perspicace, del contenuto del nostro pensiero » (p. 174-175). :B una lettura della quale, possiamo credere, l'alfabeto ci è «dato»: e ci ritroviamo così sul terreno della metafisica, ancorché il « dato » sia il divino e il naturale presupposto dell'umano « darsi » nel conoscere, concepibile solo in questa attualità processuale, come partecipazione attiva, del pensiero al pensato, non statica contemplazione: e in questo senso il conoscere è adaequatio dell'intelletto alla cosa. Contro le metafisiche « vecchio stile» costituenti, almeno nell'intento, un ordine di verità a priori, necessarie, da sovrapporre, come una sorta di mondo intelligibile, all'ordine umano dei veri trovati storicamente, il Guzzo propone la ricerca d'un più profondo significato per ciascun ordine di verità metafisiche (intelligenza è il significato di me soggetto: intelligibilità è il significato dell'oggetto; dipendenza è il significato d'ogni accostarsi dell'uomo a Dio). Ritengo però che l'appunto rivolto alle « metafisiche vecchio stile» sia da riferirsi piuttosto alla scuola di tipo wolfiano che alla metafisica tomistico-aristotelica, per la quale l'edificio intelligibile è costruito sul sensibile (anche l'astrazione metafisica opera in terzo ordine, sulla realtà fisica) e non costituisce pertanto un « ordine di verità a priori » da sovrapporre alle verità storiche o naturali. Senonché il Guzzo si 5pinge a negare non solo una metafisica, ma altresì una parte « pura » della fisica, per sostituirle un « significato fondamentale», costitutivo della verità d'ogni oggetto ricercato nell'esperienza, dato che pensiero ed esperienza implicano l'assolutezza di un supremo principio. Quale sia questo supremo principio è compito che la « metacritica » del Guzzo chiarirà meglio nella parte riservata alle discussioni e giustificazioni. Così viene respinta la vecchia metafisica, in nome di un principio « schiettamente trascendentale » (p. 199) ma non per respingere i suoi oggetti, bensì per ripensarli nella concretezza della storia vissuta dal pen-
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