Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

L'IO E LA RAGIONE NELL'UMANESIMO CRISTIANO 195 Donde abbia tratto il Guzzo la felice tendenza armonizzatrice e la capacità di sintesi, che fanno d'ogni punto del suo sistema un avanzamento su tutte le precedenti posizioni contrastanti, è facile comprendçre se si tengono presenti la sua preparazione storica (così rara in un pensatore profondamente originale) e la sua raffinata educazione letteraria: due qualità che fanno di lui senza dubbio una delle figure più rappresentative del nostro tempo, non solo e non tanto per aver condotto l'idealismo fino alla non-opposizione al realismo, quanto perché nel sistema del Guzzo, è ripercorsa, ab imis, la storia di tutto il pensiero moderno, dal Cartesio in poi, e per di più vi è ripercorsa alla luce dell'antico platonismo agostiniano ( 1). Come il Saggio del Galluppi (del quale autore il Guzzo ha commemorato nel 1946 il centenario della morte, con animo di continuatore nel preannunziare in tale occasione la sua opera « L'Io e la ragione>>) così, anche « L'Io e la ragione» si apre con un movimento cartesiano. Ma il pensiero autorivelantesi (non solo costituitivo d'una esistenza soggettiva) vi si afferma subito sciolto da quelle limitazioni in cui si involgeva a tutta prima la formula cartesiana, nell'astrattezza che le era caratteristica (J e pense, donc J e suis): è il pensiero che obbedisce subito alla sua vocazione sistematica, il pensiero nel quale l' « Io che vive >>si ritrova e si muove per prendere una posizione sempre nuova, senza mai confondersi con l'infinità del Pensiero assoluto alla cui presenza si trova. Se, come uomo, uso un potere che non mi do (ma che trovo), e cioè il potere stesso di pensare, non sono atto puro. « Se io fossi tentato di scambiarmi per l'assoluto, per rinsavire mi bastertbbe riflettere che proprio ciò in cui gli somiglio - l'infinità - in me è perennità attraverso il tempo, persistenza nella variazione, non intemporalità e immutevolezza cioè eternità» («L'Io e la ragione», p. 9) (2). Alla luce delle « Discussioni e giustificazioni » che occupano l'ultima parte del volume, l'Io penso si distingue dal Me, oggetto del senso interno. L'Io penso è attività unificante che finisce per trascendere la mia finitezza, per essel'e in quanto pensa (l'Io penso «est» in quanto «cogita!»); ma se « cogitat » (terza persona) non è più sul Me che si fonda ogni realtà conosciuta, ma sul Pensiero trascendente di Dio, di cui trovo (proprio ( I) Il Bontadini, pur riconoscendo al G. unità nello svolgimento del proprio pensiero, pone in dubbio la sua continuità di atteggiamenti nei confronti con la polemica antiidealistica e soggiunge: <<.' Solo che avesse mantenuta anche questa continuità, il Guzzo sarebbe potuto apparire, a nostro avviso, come l'integrale rappresentantedel pensiero contemporaneo, anzi come rappresentante perfetto di esso, che avrebbe in sé sanato quello iato, quella rottura appunto tra l'idealismo e l'antiidealismo, che il momento contemporaneo, come sappiamo, ci presenta». (G. BONTADJNI, Dall1att11ali11noal p,ob/ematiciJmo, Brescia, s. a., p. 257). Ma il giudizio del Bontadini, a proposito di tale risanamento, deve essere riveduto alla luce de « L'io e la ragione». (2) D'ora innanzi i numeri contenuti tra parentesi, senza alcuna indicazione bibliografica, sono da riferirsi all'opera <( l'io e la ragione» E. Morcelliana, Brescia, 1947.

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