188 CARLO MAZZANTINI Ma inoltre Egli rappresenta anche il termine ulteriore a cui approda, trascendendosi, ogni realizzazione attuale; a cui approda perciò continuamente, trascendendosi, il «mondo». E sotto quest'aspetto Egli è un sentire consapevole, che raccoglie in Sé tutto quanto di positivo nel mondo si è attuato, dirigendolo bensì ancora ad ulteriori realizzazioni, ma poi sempre di nuovo, con la nuova positìvità realizzata in queste, riaccogliendolo in Sé, con la tenerezza paziente di un amore salvifico (piuttosto che creatore), il quale non vuole che nulla del salvabile ( e tutto quanto è positivo è salvabile, dalla sua distruzione stessa riassumendolo trasfigurato in un ordine superiore ....) vada perduto. In questa Sua perenne opera catartica, Dio può quindi esser detto il « poeta » del mondo. Quest'esigenza, invero, è profonda, ed è dallo Wh. splendidamente espressa e fatta valere ( 1). XII. Sugli aspetti insoddisfacenti (anche profondamente insoddisfacenti) di questo pur così profondo, personale e suggestivo pensare, mi limiterò ad alcuni accenni; concluderò poi ritornando sugli aspetti positivi, istruttivi e suggestivi, cercando però mostrare il punto a partire dal quale, unilateralizzati, divengono contradittori. In questo penultimo paragrafo, perciò, la critica potrà sembrare piuttosto esterna; più iqterna invece, e radìcale (ma simpatizzante, per quanto mi sembra, così da mettere sempre in luce, anzitutto, gli aspetti positivi ....) nell'ultimo paragrafo. Prima di tutto, dunque, mi sembra dover osservare questo fatto paradossale: che in una dottrina, la quale continuamente fa appello (e con ragione ....) ali'« esperienza >> effettiva ( al « sentire », in senso largo ....), con tutto il suo contenuto, una parte rilevantissima della nostra esperienza, invece, non soltanto rimane ignorata, ma è espressamente negata nella sua positiva realtà non solo, ma dichiarata addirittura metafisicamente impossibile. Intendo alludere alla nostra esperienza del « permanere nel mutare» (2); e così anche del nostro prendere, sempre meglio, possesso consapevole di noi stessi: di un « noi stessi » che, mentre pur diviene sempre più pienamente « se stesso» (l'aristotelica lrc[lìo,nç dç wJ-:6... ), d'altro (I) Cfr. Pr. Real., p. 490: « .... a tenderness that Joses nothing that can be saved » (« Una tenerezza, che nulla perde di .ciò che può essere salvato»). E poco dopo, ibid.: « .... tender patience )> ( <<•:••• tenera pazienza.... ») - << He does not create the world, He saves it: or, more accurately, He is the poet of the world .... » («Non crea il mondo, lo salva; o, per esprimerci con maggior precisione, è il poeta del mondo .... »). (2) Espressamente esclusa, per esempio (uno dei tanti!) a pag. 104 (polemizzando con Cartesio): « .... each time he pronounces " I am I exist ", the actual occasion, which is the ego, js different; and the "he ·• which is common to the egos is an eternai object, or, alternatively, the nexus of successive occasions » ( « .... ogni volta che egli dichiara: " io sono, io esisto", quell'occasione attuale, da cui l'io è costituito, è diversa~ e il 11 lui", che è comune a tutti gli "io", un ogsetto eterno, o il nesso di parecchie occasioni successive».
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