LA FILOSOFIA DI ALFRED NORTH WHITEHEAD del perenne relativizzarsi, esige che ci siano sempre nuove realizzazioni, e cioè nuove forme di sentire in cui tutto sia sentito come oggetto: gli oggetti eterni, e tutte le realizzazioni precedenti, tutte cioè, le precedenti forme di sentire. Ora gli « oggetti eterni», essendo appunto per loro natura «oggetti», tali sempre rimangono, quando come oggetti sono sentiti; - rimangono, o piuttosto « sono », necessariamente e perciò immutabilmente. Ma invece le « entità attuali » non possono farsi « oggetto » se non cessando dal loro esistere di fatto. Devono «morire», quanto al loro esistere attuale, appunto per acquistare la « immortalità oggettiva». Questo loro perpetuo morire è il «tempo», come lo Wh. lo intende. Verrebbe da pensare alla « mors immortalis » di Lucrezio; se non vi fosse una immortalità « oggettiva », che in Lucrezio non ha riscontro. Questo perpetuo « perire », che è ad un tempo un rinascere in altra forma, e un « viver per sempre», è per così dire la doppia faccia della Sfinge svelata, del mistero evidente, dell'Universo; la sua tristezza e la sua gloria, inseparabilmente. Il goethiano « Stirb, und werde! », si atteggia qui anche come uno « Stirb, und sei ». E ciò tanto più in quanto interviene il concetto di un Dio «salvatore», piuttosto che «creatore»; non perché ne· ghi in certo senso il mondo (come nel Martinetti, specie dell'ultima maniera), ma perché pazientemente raccoglie proprio, e salva, nella sua coscienza, quel mondo che si è creato attraverso il suo inconsapevole sentire. Su questo punto ora conviene che ci fermiamo un poco. XI. Tra gli « oggetti eterni», e le mondane « entità attuali», c'è, o almeno si può pensare che ci sia (su questo punto, la cautela dello Wh. si fa molto più grande) una specie di Mediatore, che delle une e degli altri partecipa; e questi è Dio, o può esere chiamato Dio. Questi però, secondo lo Wh., non potrà né dovrà esser pensato come l'Atto Puro originario, il supremo esistente separato, che domina e muove dal di fuori (così lo Wh. interpreta il Primo Motore Immobile di Aristotele e di San Tommaso, di cui per verità non ha capito nulla, o ben poco). E piuttosto, anzitutto, l'attualità primordiale, incoativa e in sé deficiente, che sente gli oggetti eterni, senza ancora esserne consapevole, e li dirige (per così dire), versò l'una o l'altra piena realizzazione; attraverso a Lui operando quel processo di «creatività», che è di Lui più fondamentale. E perciò Egli è sempre il «primo desiderato »: in questo senso, dice lo Wh. (con una certa profonda verità, questa ;volta, nella sua interpretazione, per quanto parziale e insufficiente), aveva ragione Aristotele. E altresì, considerandolo sotto questo aspetto, non si può dire propriamente che Dio muti.
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