186 CARLO MAZZANTINI X. Tutto l'« essere», per lo Wh., è «evento». L'evento però, il divenire, non è mai per lui un « esplicarsi » (uno esplicarsi permanendo, che ha per l'appunto la sua forma eminente come un esplicarsi, pensando, nell'idea ....). E sempre invece, e soltanto, un « condensarsi » ( farsi uno, dice spesso lo Wh.) nel «sentire». I molti, unificandosi nel sentire, si trasformano in oggetti di questo sentire, e così producono questo sentire, o meglio si riproducono (in nuova maniera) in questo sentire: tale è per lo Wh. i'essenza del «processo», di ogni processo (e questo significa, sempre e soltanto, la « causalità produttiva »). Questa trasformazione in « oggetto » implica però, per ogni << esistente di fatto», la perdita appunto della sua esistenza di fatto. « Esso proprio», infatti, deve passare nel sentire, divenendone oggetto; non vi può essere << rappresentato>>. Qualche cosa di simile accade, in ogni processo (così come lo Wh. lo descrive), a quanto racconta il Poe in una sua novella (The Oval Portrait). Troviamo in questa un pittore che dipinge la propria sposa diletta; ma il quadro prende piena vita (vita estetica, come quadro) solo quando la sposa perde la sua propria vita, la sua propria esistenza in sé. Tal «processo» è la «realtà» per eccellenza, la realtà suprema ed ultima: e lo Wh. la chiama anche « creatività ». Le eterne strutture ideali dell'essere (che lo Wh. chiama eterna! objects) sono così sempre nuovamente sentite: qualcuna fra esse in modo « positivo» , realizzandola; ma sempre anche tutte le altre, in modo «negativo», come possibilità non realizzate, ma così appunto anch'esse sentite. E questo nuovo sentire è una nuova realtà esistenziale, o « entità attuale» (actual entity). Ma così sono sempre, anche, nuovamente sentite tutte le antecedenti realizzazioni, tutte le realtà componenti il mondo fino allora realizzato. Nessun sentire però, una volta che sia pienamente « realizzato », può « permanere». Non può prender possesso di sé (della propria « satisfaction », come ama dire lo Wh.... ( 1)), non può obiéttivarsi a se stesso rimanendo esistente in sé ( il suo obiettivarsi è sempre un obiettivarsi ad altt·i, in altri esistenti); - tanto meno può «svilupparsi» in diversi, successivi e progressivi, «modi», «qualità», «operazioni» (gli «accidenti» della filosofia tradizionale) in cui si esplichi permanendo la sua unità « sostanziale». Qui certo vi è nel pensiero dello Wh. una profonda irrimediabile contraddizione sulla quale ritorneremo; ma giova anzitutto cercare d'intenderlo, questo suo pensiero, ancora un po' più a fondo. Il carattere inesauribile della « creatività », come assoluto processo ( l) Pr. Real., p. 118: No actual entity can be conscious of its own satisfaction ... >> («Nessuna entità attuale può essere consapevole della sua propria soddisfazione»).
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