Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

CARLO MAZZANTINI categorie supreme, in cui si suddi,vide, e più ancora degli aspetti trascendentali supremi, in cui si esprime nella sua Totalità onniinclusiva, l'orizzonte dell'Essere, oltre del quale nulla può essere. E questo è l'oggetto della considerazione metafisica. La realtà complessa, però, della mia esperienza e conoscenza del sole, non è stata ancora così adeguatamente descritta, e tanto meno giustificata. Non è stato ancora, infatti, considerato (niente meno!) il fatto del mio stesso «sentire>>, del mio «sperimentare», del mio <<conoscere». Il sole esistente e possibile, la circolarità esistente e possibile, l'esistenza stessa e la possibilità come strutture in cui si manifesta la Totalità onniinclusiva dell'Essere; - tutto questo vive in me, nel mio pensare, nel mio « sentire pensando» (formulazione mia, ma di nuovo - credo - non infedele ....), che esso soltanto rende possibile il mio « esprimere tutto ciò nell'idea e nella parola ». Per formare e conservare e rievocare in me l'idea del sole, bisogna anzitutto che io esista dirigendomi verso di lui, che io lo « senta » ( comunque io sia arrivato a sentirlo), che io in questo senso « mi sia fatto » e « sia diventato » sole, mi sia, in questo senso, <<identificato » con lui. In questo senso diceva Aristotele, e dopo di lui San Tommaso, che l'« anima», e in modo eminente l'« intelletto», è capace di «farsi», di «divenire», tutte le cose. Ciò non significa punto che io somigli, materialmente, al sole; bisogna anzi che io sia profondamente altro da lui, « entitativamente », per identificarmi con lui « intenzionalmente ». E ciò tanto più in quanto il sole mi appare evidentemente come un corpo, spazialmente circoscritto; mentre il mio sentirlo pensandolo, appunto per identificarsi intenzionalmente con lui, e sentirlo pensandolo, non può essere, o non può essere soltanto, un corpo spazialmente circoscritto. Dev'essere una realtà spirituale, la cui caratteristica fondamentale è appunto quella di poter vivere, « in sé», ciò che è (indefinitamente) « di là da sé»: propriamente la Totalità dell'Essere, che quindi essa include pur essendone in altro senso inclusa. In questa mia realtà spirituale trovo l'« esistenza>>, di nuovo, e trovo la « possibilità »; come trovo altre strutture intelligibili che mi congiungono alla realtà corporea del sole; altre ne trovo che mi oppongono, o piuttosto che mi fanno ad essa trascendere: quella, fondamentalmente, di averle in me, quelle strutture, sentendole e sapendole; di essere quindi io stesso, essenzialmente, ad un tempo un soggetto ntetafisico, e J',oggetto formale della metafisica, la Totalità dell'Essere, con cui m'identifico intenzionalmente. La Totalità stessa (infinita) è nel palpito del mio sentire (pensando); si è fatta in me questo mio palpito, e si fa presente oggettivamente ad esso, pur rimanendo trascendente in sé. E ciò perché, pur essendo una realtà finita, io non sono soltanto corpo ma anche (e principalmente) spirito; e come realtà spirituale sono essenzialmente, in certo senso, infinito: infinitamente « aperto », nella mia stessa « intimità ».

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