Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

LA FILOSOFIA DI ALFREO NORTH WHITEHEAO 181 prima fqsse chiuso e rigidamente circoscritto....) e afferrare così quello che la trascende. Tale deduzione, intesa così, sarebbe ben difficile, per non dire impossibile; ma la questione come io la pongo - .dice il Bergson - è ben diversa. La coscienza invero, per me, consiste in un circoscrivere, piuttosto che in un allargare (uso espressioni mie, parafrasando il concetto del Bergson); - in un dirigere l'attenzione sopra una parte, piuttosto che sopra le altre, di quella totalità che è già sempre tutta presente; in una selezione, che mette in luce alcune cose ed eventi, perché in essi si concentra staccandoli dagli altri, che rimangono in ombra. Tale selezione avviene poi, secondo il Bergson, per motivi essenzialmente pragmatici ed utilitari. Torniamo allo Wh. Anche per quest'ultimo si tratta di un concentramento selettivo; e anche per lui questo concentramento a,vviene, inizialmente, per motivi più che altro utilitari. Ma non si tratta per lui, come per il Bergson, di una specie di deformazione radicale, che si debba correggere convertendosi (per così dire) a una forma di conoscenza od apprensione che sia radicalmente diversa. Una certa deformazione c' é bensì, . a suo avviso, nella limitazione; ma essa si corregge ampliando quella stessa forma di conoscenza, intelligentemente consapevole, così che essa si allarghi, almeno tendenzialmente, a tutto intero l'orizzonte del sentir!, dal quale è emersa. E questa è l'aspirazione metafisica esplicita e consapevole (anche quando non è ancora tecnicamente riflessa ed elaborata), animatrice delle più alte forme, veramente e pienamente umane, di religione e moralità. La coscienza, che nasce in certo modo frammentaria ed egoistica, si adegua così, tendenzialmente almeno, a 9uella ampiezza simpaticamente e totalmente generosa del sentire, che riconosce negli << altri >>, in « tutti gli altri», il suo vero « sé». VII. Il rapporto fra esperienza e coscienza ha bisogno, però, di venir chiarito ancora un poco di più. Pur rifiutando (con ragione, a mio av.viso) la priorità della coscienza, è chiaro che anche lo Wh., nella riflessione consapevole, non può partire se non da quello che trova illuminato dalla coscienza. In questo senso, anche lo Wh. parte, e sa bene di partire, dalla coscienza: dalla coscienza e dal suo contenuto; o piuttosto dalla coscienza in quanto è presenza di un contenuto in una certa maniera soggettiva di prenderlo (maniera che è, secondo lo Wh., tutta la realtà del soggetto). Presenza, potremo anche dire (e chiariremo tra breve) di quel medesimo contenuto in una certa sua maniera di farsi oggetto, dando luogo così a una nuova « realtà attuale » ( actual entity) soggettivamente «sopraggiungente»; « supergetto », quindi, ( superject), piuttosto che « soggetto» ( subject).

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==