180 CARLO MAZZANTINI appunto dalla Totalità. Non solo; ma la Totalità, nella quale esso è circoscritto, è d'altra parte presente (presente letteralmente), in lui: tutta presente nella sua stessa ulteriorità. L'Universo è «preso» nel fatto, o piuttosto « si prende», concentrandosi in una certa maniera (individualissima, bensì, e sempre nuova) nel fatto. Il fatto singolo, cioè, tutto quanto, consiste ( senza residuo) in un modo di farsi presente, in lui, dell'Universo (e di tutto quanto è ed accade nell'Universo). « Interpretare» il fatto, nella sua relazione con l'Universo, significa proprio cercar di «scoprire» ciò che esso veramente è, nella sua singolarità più propria e costitutiva. Esso è infatti tutto - come dicevo - senza residuo, un modo di riferirsi all'Universo; o piuttosto un modo in cui l'Uni,verso, e cioè la relatività (o meglio relazionalità) universale si riferisce a se stessa, vivendosi, interpretandosi, «sentendosi» in una certa maniera (sempre individuale, e nuova). La « prensione » è quindi un « sentimento » (feeling). Mi manca qui lo spazio, e non rientrerebbe nello scopo di quest' articolo, Hlustrare i rapporti di questa con altre dottrine moderne del << sentimento» (unitariamente vitale, inclusivo, superintellettuale), come quella del Bradley, p. es., o del Bergson. Rileverò soltanto che lo Wh. rifiuta risolutamente l'interpretazione «agnostica» tipo Bradley, e anche (se pure meno risolutamente) l'interpretazione « antiintellettualistica » del sentimento; per quanto riguarda il Bergson, in particolare, ritiene che con questa autointerpretazione egli abbia falsato il senso della, sua propria dottrina. E ciò perché l'intelligenza effettiva, la vita stessa dell'intelligenza consapevole e ragionante, non solo nasce da questo sentire, non solo ne è tutta sempre permeata, ma è senz'altro essa stessa una forma di questo sentire. Per chiarir tutto ciò un po' meglio, conviene affrontare un altro punto alquanto oscuro, e pur così luminoso, della dottrina: il concetto, cioè, della « coscienza » ( consciousness), e della sua « genesi ». VI. Per chiarire la sua posizione, riguardo a questo problema, lo Wh. stesso dice che il « principio » fondamentale, da lui sistematicamente adottato, è questo: che la «coscienza» presuppone l'« esperienza», e non inversamente ( 1). Ciò potrebbe essere utilmente messo a raffronto con quei passi nei quali il Bergson osserva come egli non si proponga di dedurre la coscienza (la conoscenza consapevole); non si proponga cioè di spiegare la maniera e la via per la quale riesca possibile a un soggetto finito saltare, per dir così, al di là dei suoi propri limiti ( dei limiti in cui si suppone che ( 1) P,. Real., pag. 72: « The principle that I am adopting is that consciousness pr<sup- , poses experience, and not experience consciousness » ( « Il principio che io assumo è che la coscienza presuppone l'esperienza, non l'esperienza ia coscienza»).
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