Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

NOTE DI CRONACA 321 lutamente imprevisto, così come è imprevisto e insospettabile il purificarsi improvviso da ogni volontà da ogni concettualità da ogni contingenza, pur essendo tale purificazione - e la si chiami pure grazia - condizionata a tutta una vita di volontà, di pensiero, di opere. Purificazione, è, quindi, astrazione, in certo senso; e nella parola stessa che s'è adottata a definir l'arte d'oggi c'è, dunque, qualcosa di vero. C'è, dunque, da esser ottimisti, tanto più che a questi rossi e sinistri artisti rivoluzionari è toccata oggi una duplice ventura (che alcuni credono sventura). S'è già detto che un deputato democristiano ha tuonato in piena Camera contro quest'arte astratta, in nome della civilà cristiana; a Torino, recentemente, un senatore comunista, tra gli applausi di tutti i Consiglieri comunali (tutti, e cioè d'ogni colore) è insorto contro la collezione Guggenheim, che, come si sa, aduna l'arte più d'avanguardia - da Picasso ai surrealisti e agli astrattisti - da trasferire dalla Biennale di Venezia a palazzo Madama; ed è insorto dichiarandosi « decisamente contrario a quest'arte moderna per ragioni morali e politiche». Che faranno, ora, questi poveri artisti, a Dio spiacenti ed ai nemici suoi? traditi da chi li aveva gonfiati da rivoluzionari, allo stesso modo di chi, per la sua bolsa insensibilità all'arte, li aveva temuti come rivoluzionari veri? Ma poiché essi non sono degli ignavi, ma degli artisti, si sentiranno, finalmente, liberati da chi non può e non vuole comprer.derli, o da chi in ogni modo vuole « adoperarli » per qualche fine confessato o no; si sentiranno soli e ricchi di creatività; creatività che nulla ha a che fare né con la «politica», né con la «morale», né con la «storia», né con la «civiltà», quando queste nobili cose appartengono ai politici e ai moralisti e ai parlamentari e cioé quando non sono vive e sub specie aeternitatis; peggio quando sono etichette capziose o dell'ignoranza o della malafede. E allora, probabilmente, adopreranno quella loro potenza (questa che, poc'anzi, si è riconosciuta in loro positivamente) per fare quel che soltanto sanno fare: dell'arte, volgendo le spalle a tutto ciò che arte non è. Questa profezia, fin troppo facile, a noi pare il vero insegnamento della XXIV Biennale veneziana, pietra miliare, ben memorabile, della nostra storia, e non soltanto della storia dell'arte. Di questa splendida Biennale che ci ha resi certi che in tutte le nazioni urgono gli stessi problemi artistici, ma che in Italia il fervore è più vivo che altrove, giacché, per dirla in sintesi, i padiglioni stranieri, in tono più basso, ci han suggerito le stesse considerazioni. * * * Un altro - e non ultimo - pregio della Biennale è quello di averci fatto conoscere alcuni artisti che si potrebbero definire « grandi isolati », come Chagall e Rouault, solitari e lontani da ogni polemica, e perciò di tendenza, diremo cosl, attiva. Artisti, questi, già noti e giudicati, cui spetta l'onore della monografia e non la frettolosa notazione cronachistica. Quanto a Moor, poi, che ha già avuto, in ottima stampa, la sua monografia dalla penna di un geniale italiano, non può dirsi nulla, se non cose già dette e perciò inutili in questa sede. E, se mai, lo scultore inglese, oggi celebratissimo, per la qualità delle sue opere che vogliono esorbitare dalla pura forma statuaria per determinare addirittura un ambiente, un paesaggio, tanto da esse emana il sentimento dello spazio inteso come realtà vitale e colto nel suo divenire, mi pare che meglio si inquadri in un discorso sull'architettura: quell'architettura moderna, anche essa percossa da programmi e da preconcetti, ma che, per sua intrinseca qualità, è, poi, J' arte che più di ogni altra si impone alla vita reale, alla vita vissuta, e più direttamente include i problemi sociali e morali. Di cui, prima o poi, vorremmo parlare. ADRIANO PRANDI 2 J. - Quadtrni d' Roma.

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