Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

l\OTE DI CROI\ACA vieta o concettuale o allegorica (Sacra Famiglia, Madonna fra tali e tal'altri sa nti; tramonto in riviera; la battaglia di Canne; l'eroe) diverrebbe assolutamente nu ovo e tutto procedente dalla sua espressione. E immediatamente circolerebbe, per dir così, nell'animo del riguardante. Si pensi come l'iconografia talvolta sia la domi natrice del nostro pensiero : pensando a un personaggio sacro, per esempio, si p uò, normalmente prescindere dalla figura che gli artisti hanno conferito a quel pe rsonaggio? E dunque non è forse vero che è la forma a creare, in certo senso, il sog• getto e che perciò il soggetto non può rendere schiava la forma? Quest'equivoco, invece, comporta - almeno - l'increscioso obbligo di percorrere forse chilometri di mostre, sostando ogni tre passi, senza aver altro. da ammirare che valori compositivi, accordi o esaltazioni di colori, risoluzioni plastiche o interpretazioni spaziali; tutte cose Yere e valide, d'accordo; ma disperatamente monotone, e, alla fine, estrinseche; così come sarebbe monotono e estrinseco, di fro nte a una serie di scritti di poeti, non poter fac altro che esercitazioni di grafologia. Che cosa può mai fare, dopo un po' di cammino fra questa mostra di semantica assoluta, il così detto profano (che è poi, si noti bene, colui che le mostre vorrebbero iniziare, persuadere e, magari, indurre a divenire, Dio lo benedica, c ompratore) se non trascurare tutti questi artisti minori, che troppo nascondono le loro personalità sotto un \istema, e cercare, appiattati qua e là dove sono, i nomi più noti? Omiccioli, per esempio, che sembra andar cor.tro corrente e cioè, spec ialmente nel Ritrai/o del Padre, render più composta e più solida la sua maniera, pur senza rinunziare ai suoi bei colori infuocati e smaglianti; Usellini che anche rinun cia alla sua vecchia cifra per tendere a composizioni più ampie, più umane e dicia mo pure, più belle (vedi, soprattutto, la Deposizione); Cantatore e perfino Casorati (con lo Spave111apasser1) che si sforzano vanamente di seguire la moda astratta; Pirandello - che in ciò può accostarsi a De Pisis - che infuria col colore in libertà, anche egli sotto la suggestione della moda; Semeghini, sempre più fed ele all'incanto frivolo del suo « sfumato cromatico»; Levi, che qui ci ha mostrato la sua opera migliore: Grassa110come Gemsale111111e, ottima e lirica illustrazione del suo celeberrimo libro; Saetti, che, purtroppo, offusca il r(cor<lo del suo premio alla Quadriennale del '39, ora che disfa quel suo bel classicismo compositivo in un 'ebbrezza a freddo di colore; Salietti che travisa i suoi positivi studi di bianco, sott o il gigantismo del suo B11cato. Guidi .... Ci si permetta di non prenderlo sul serio : ha cercato una formula astrattista, lui che l'astrattismo non sente; e ha dipinto dei manichini grotteschi, sotto l'insegna di Fig11renello 1pazio (titolo ripetuto sotto ogni tela) dove lo sforzo è troppo palese. E così via. Ma in complesso, riassumendo, si nota un certo ordinarsi di tendenze: molti reagiscono al vento dell'astrattismo e, quasi l iberati dal tormento del fittizio dovere di seguire una corrente, sembrano finalme nte essere persuasi da una quieta e tradizionale semplicità, che nulla ha d'accademic o e di manierato; altri invece vorrebbero correr dietro alla bandiera oggi più sventol ata, come certi « vecchi » che vogliono ad ogni costo dare ad intendere agli altri e a se stessi che valgon più dei giovani e che i giovani, alla fin fine, non hanno invent ato oiente <li nuovo. Ma bisogna riconoscere che il così detto « Novecento », il quale, come gusto, era a mezza strada tra queste due tendenze, sembra ormai morto. La Biennale ci accerta che questo «Novecento» cui il Panzini, nel 1926, preconizzava effimera vita («da Natale a Santo Stefano », scrisse nel suo Dizionario) è un capitolo chiuso senza conseguenze. Come g11J10, si è detto; non coi'ne arte.

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==