NOTE DI CRONACA 317 Cifra, dunque, in luogo di stile, anche in De Pisis: ma non ostinata fino alla sgradevolezza come in Campigli; al contrario, astuta fino alla massima piacevolezza, e perciò, forse, ancor meno giustificata. Questo conformismo - tanto meno puro quanto più abilmente mascherato - di De Pisis esclude il pittore dalla « storia», cioè dalle forze propulsive che, comunque dirette, hanno impresso movimento ali' arte moderna : De Pisis è eternamente seguace: uno di quei seguaci che lasciano che gli altri muoian sul campo, vittime dei loro « eccessi », e son lì nelle retrovie, sempre pronti a tradurre in eleganze ovattate, da salotto, (da salotto alla moda, exqttis avrebbero detto i decadenti francesi) la spregiudicatezza dei combattenti. Cosl si sciupa, giacché è degradata a puro mezzo, quella straordinaria, maliosa, personale sensibilità al colore che riscatta talvolta De Pisis da ogni sua colpa. Colorista De Pisis, compositore Campigli; ma purtroppo di questo si dirà: ostinato in una cifra troppo scoperta; e di quello: abilissimo nel mascherare la sua cifra; e cosl il prevalere del gusto avrà reso sterili due indubbie vocazioni d' artisti, cui tuttavia spetta il riconoscimento dei loro grandi meriti : Campigli, di non aver ceduto mai alle lusinghe della piacevolezza esteriore, De Pisis, ultimo erede dei veneziani e dei ferraresi, di aver saputo allontanare ogni concettualità dalla su·a pittura. E poi, ecco l'interminabile e incoerente serie delle opere isolate, di nomi noti e ignoti, scoraggiante e pur necessaria fiera delle speranze e dei tentativi. La buona volontà e l'interesse non bastano: si passano in rassegna tele di tutte le dimensioni e di tutti i gusti, senza che nessuna abbia tale forza d'attrazione da destar vero interesse. Né belli né brutti, tutti quei quadri: un po' di apprendimento, un po' di soggezione alle mode, un po' di personalità impastoiata dalla volontà. Eppure in ciascuno c'è passione, disinteresse, volontà, abilità. Si è quindi di fronte a una manifestazione di mediocrità, troppo ricca d'esperienza e troppo ansiosa di evasione; dappertutto la devozione cieca ai così detti « valori formali » e cioè la repulsione del «soggetto»; rarissimamente l'impegno di rappresentar « qualche cosa», perché tutti son troppo assillati dalla convinzione che « la cosa » non solo non conta, anzi, non deve contare, ma è un pericolo. ' Veramente questo fenomeno, più psicologico che artistico, è singolare: l'arte contemporanea è sensibilissima all'impostazione teoretica dell'arte, legata com'è a manifesti e programmi e intenta a perseguire quelli che la critica ha esaltato come « valori formali ». E strano, quindi, come gli artisti abbiano travisato il rapporto contenuto-forma, interpretandolo surrettiziamente come un'antitesi, mentre l'estetica crociana, per non citare che la teorica più autorevole, propone l'assorbimento del contenuto da parte della forma, l'immedesimazione, la sintesi, e cioè ben altro che l'antinomia. Antinomia ci sarebbe se si temesse di adoperare mezzi dell'arte figurativa per far dell'« illustrazione»; nel senso che il Venturi (e non il Berenson) dà a questa parola: ma in verità mai l'arte, quando è stata tale, si è ridotta a illustrazione, a meno che per arte non si scambino le vignette a colori dei settimanali, o, purtroppo, tanta parte dell'arte sacra. Al contrario, se il soggetto - o, in termini più esatti, il sentimento del soggetto - fosse lasciato libero di animare o commuovere l'artista nella fase immediatamente anteriore ali' azione del dipingere (e non importa se la commozione è sentimentale o letteraria o, per dirla in breve, contenutistica: sarà sempre commozione e perciò fatto o stato lirico) l'opera d'arte riassumerebbe tutta la personalità dell'ar- ' tista che, immediatamente, trasfigurerebbe la sua umanità « storica » nell'universalità del momento e atto creativo, e il soggetto, ipso facto, sia pur con una formulazione
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