312 NOTE 01 CRONACA sarebbero, poi, discorsi già fatti, per la maggior parte dei casi : che cosa varrebbe, oggi, un nuovo discorso su Martini e su Manzù? Si diceva, dunque, del disperato programma di evasione che caratterizza le correnti artistiche attuali. Se fino a tutta la pittura « metafisica » permaneva, in qualche modo, un rapporto fra esperienza e espressione, fra mondo fisico e arte, sia pure come rapporto polemico, maturò subito dopo il più lirico movente di quella polemica : l'afferma- ~ione assoluta dell'espressione soggettiva, e cioè la precisa volontà di prescindere (si diceva: di liberarsi) dal mondo dell'esperienza. Poteva forse dirsi libero un io che, comunque, fosse costretto per esprimersi a trascinarsi dietro o a spingere innanzi un oggetto, lo spazio, la luce, superati quanto si voglia, ma pur sempre radicati in un « non io »? Come si potrebbe, in queste condizioni, parlar di ~,te come creazione assoluta?, Ecco quindi farsi avanti la domanda che sembrava porre nei suo~ giusti termini il problema: che cosa mai è l'uomo, l'uomo in sé e per sé puro da ogni cosa che non sia la sua individuale creazione e perciò assolutamente autonomo e solo 'con se stesso? dato che l'uomo possieda un potere integralmente creante, quali potranno essere queste sue creature che, come inderogabile condizione, devono nascere e poi ancora continuare ad esistere, come specchio fedele e incontaminato della sua individualità assoluta? Se poi tutto ciò comporta la completa incomunicabilità, o, ciò che è lo stesso, l'obbligatoria e supina accettazione di simili creature, questo sarà il miglior segno della raggiunta assoluta individualità e cioè della piena appartenen:.a di quelle opere d'arte al loro creatore. L'uomo purificato da tutto il « non se stesso » sarà un puro istintivo, ma un istintivo, per dir così, primordiale, che cioè compia atti e concepisca pensieri non mai condizionati a precedenti esperienze, alla memoria, alla cultura, alla coscienza; sia perciò un bambino o un pazzo, un non nato o un oblioso della vita (si parlò, infatti, di « vie intra-utérine », si studiarono i disegni dei dementi, dei selvaggi, dei bambini, si dichiarò che non si dipingeva se non in « trance »). E tutto questo sostanziò il S11rrealinno, nato ufficialmente nel 1924 dal «manifesto» di André Bteton, nel quale si diceva: « L'homme propose et dispose. Il ne tient qu'à lui de s'appartenir tout entier, c'est-à-dire de maintenir à l'état anarchique la bande chaque jour plus redoutable de ses désirs ». E dopo aver accennato al « peu de réalité » (concetto sviluppato in un altro discorso dello stesso Autore) e a~er parlato di « supernaturalismo », di « ideorealismo », di stati ipnotici, di pazzia, ecc., il manifesto conclude: « c'est vivre et cesser de vivre qui sont des solutions imaginaires. L'existence est ailleurs ». L'arte figurativa che ne derivò è ben nota e, del resto, è facile immaginarla: tanto per dare un riferimento nomineremo Klee, per esempio, dei due quadri della coli. Guggenheim, Dali con Nascita di desideri liqlfidi ecc. La Biennale non ha rappresentato concretamente il Surrealismo; lo ha lasciato trapelare qua e là, senza ordinarne le opere in apposite sale. Tuttavia non è possibile prescinderne, nel nostro tentativo di giustificare il più vivo significato della grandiosa esposizione. Ma alla sete di assoluta libertà non bastò neanche il Surrealismo; neanche questa tragica rinuncia parve sufficiente: e venne l'astrattismo, suo figlio primogenito. Del resto in quella disperata affermazione d'individualità, che toccava il fondo della solitudine, mancava del tutto il termine che sold può redimere la libertà del!' arte : l'universalità. L'arte surrealista non può, nel suo enunciato teorico, univers~lizzarsi :
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