Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

NOTE DI CRONACA sostanziale, e si volle rappresentarlo intero, cioè visto simultaneamente da tutte le parti, creando una pluralità di campi visivi coesistenti, atti a precisare tutti i possibili aspetti della cosa, a scapito, evidentemente, della pura visione, onde ritornarono sui quadri i contorni neri, atti a determinare i limiti delle zone campite di colore: e fu il cubismo così detto oggettivo. O anche l'oggetto fu espresso come modello, ma soltanto dopo che i suoi possibili aspetti s·eran fissati come altrettante immagini nella memoria visiva; immagini che nulla vietava di render di nuovo visibili, attraverso segni o colori; ma che, risultando da una scomposizione del modello reale, tornavano a oggettivarsi in virtù d'una ricomposizione ormai estranea all'oggetto, non più sussistente come modello visivo; e perciò la ricomposizione doveva procedere unicamente dal soggetto che custodiva nella mente le parti già scomposte: nulla a ridire, quindi, se un quadro rappresentava, poniamo, un volto visto contemporaneamente di fronte e di profilo con due diverse posizioni del naso, commisto o intersecato da altre parti di immagini diverse. E questo si volle chiamare cubismo soggettivo, giacché la cosa era sempre la protagonista, ma come somma di immagini mentali, mentre, nel cubismo oggettivo, la rappresentazione consisteva in contemporanee figurazioni d'un medesimo oggetto da diversi punti di vista reali. Fu rotto, così, lo spazio fisico della comune esperienza e fu sostituito da uno spazio ricomposto, in cui le forme si compenetrano e si sommano. 1:: chiaro che tutto ciò, che ancora una volta procedeva da un esasperato oggettivismo, si risolveva nella distruzione di ogni esperienza per lasciar campeggiare un'incontrollabile soggettività di figurazione. Ma il pittore potev:1 anche assumere una posizione del tutto opposta. Di fronte a un oggetto, a quell'albero, poteva assimilarne, per così dire, l'integrale sua essenza formale: e cioè, trascurandone la visione immediata, superarla in omaggio o al colore che esso suggeriva o alla forma. Per esempio ( e sono parole di Gauguin) le foglie mi appaiono verdi: ebbene, io stenderò sulla tela il più bel verde della mia tavolozza; il tronco è marrone, l'ombra è azzurra: ed ecco ben disteso il più bel marrone e l'azzurro più terso. Dall'oggetto, così, si è fatta, in sostanza, astrazione, poiché esso non fu che un pretesto a una pura esaltazione della materia cromatica. La luce diviene, così, inerte e la rappresentazione prescinde dalla veduta naturale, dalla totale e immediata ·esperienza. Si invertano i termini: penso dei colori che a me paiono belli e atti a una composizione armonica : Ii stenderò su forme arbitrarie che nulla hanno o ebbero a che vedere con un qualsiasi modello. E questa fu la poetica di Matisse e dei fa11ves. O anche: la chioma di quell'albero suggerisce una forma sferica, il tronco un cilindro; se io a un cilindro geometrico sovrapporrò una sfera avrò rappresentato non già q11ell' albero, ma, per così dire, la sua forma assoluta, che riassume tutte le possibili esperienze particolari. Come padre di questa « poetica » si volle assumere Cézanne. In questo caso, come in quello del puro colore, la natura è superata; si è andati al di là dell'esperienza, in un mondo, come s'usa dire, metafisico. Per coerenza la luce non ha più alcun significato reale e diviene perciò un ambiente visivo astratto, quasi la forma solidificata del vuoto; così come le ombre divengòno campiture di zone che hanno puro valore di forme conchiuse. Così, quella meravigliosa « scoperta » degli impressionisti, la scoperta del valore del vero, della natura, della luce, quella suprema dedizione alla reatà che fu la visione pura e spassionata, dimentica di ogni sedimento mnemonico o concettuale, si risolse nell'idolatria per la cosa in sé, avulsa dal mondo. che la conteneva, o per il soggetto che la contemplava, anch'esso avulso dal mondo reale che ne condizionava la possibilità di esistere e di agire; e si è giunti così a un'esasperata creazione ex novo di ogni cosa e a un coerentissimo isolamento delle cose e degli uomini: che, ovviamente, ha avuto come primo e imprescindibile effetto quello di rendere possibile,

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