NOTE DI CRONACA 2 99 CRONACHE LETTERARIE La nuova collezione dell'editore Einaudi « I coralli » (di letteratura contemporanea, prevalentemente italiana) è ormai giunta ad un numero ben alto di romanzi. Non vogliamo dire che i libri siano tutti scelti con un certo rigore, anzi, nella battaglia per una letteratura neo-realista di sinistra, par quasi che l'editore voglia schiacciare le avverse tendenze letterarie con un numero indiscriminato di opere anziché con eccellenza di quadri. E questo è momento di selezionare, non siamo più ai tempi della « Amena » di Treves. Sennò toccherà fare come a certi partiti politici, che dopo aver digerito masse di adepti, si trovan poi costretti a bonificare le zone, cacciar via i parassiti, e rafforzarsi ideologicamente. Il 1947 vide, nei destini della letteratura einaudiana, libri come Il compagno di Cesare Pavese, Agonia di Natale di Franco Fortini, E stato coJÌ di Natalia Ginzburg, dove la travagliata esigenza di fissare in un secco e veloce racconto fermenti e polemiche sociali non trovava la necessaria maturità di argomento narrativo, ché c'eran continui slittamenti sentimentali o di raffinatezze borghesi o di vecchi grimaldelli da romanzo di fine Ottocento ad inquinare il terso speèchio della « letteratura di sinistra». Si salvava, certo, l'ultima parte del romanzo di Pavese, dove, abbandonate le chincaglierie fòniche e ritmiche del dialogo « post-americano », lo scrittore prendeva a narrare con un sincero serrare di fatti. Un posto a parte, giacché molto impegnato in una polemica psicologistica, ma fuori di ogni pretesa di adeguazione sociale, meritava il forte romanzo di P. A. Quarantotti Gambini, L'ond"a dell'incrociatore, una delle opere letterarie più importanti di questo dopoguerra. Il 1948, invece, ha visto parecchie esperienze in ebollizione nel romanzo di sinistra di Einaudi. Si va dal falso esistenzialismo del Manoscrillo di Sebastiano Carpi (alias Fabrizio Onofri, l'autore di una Via del Maltempo, di cui non dimenticheremo le buone pagine iniziali) al capriccio satirico di Angelo Del Boca: L'anno del giubileo, dal neo-romanticismo sapido di pastiche settecentesco e di delibazioni decadenti in Menzogna e sortilegio di Elsa Morante, fino ai crudi racconti dell'esordiente C. Susa: Notte di Roma. E sarebbe difficile trovare un punto di soluzione tra queste divergenti esperienze letterarie, se un esempio non ce l'offrisse un libro di Francesco Jovine, Tutti i miei peccati, dove l'intelligente e ricettivo scrittore molisano riesce ad assimilare le tanto varie necessità espressive e rappresentative di questa letteratura del dopoguerra, e a convogliarle nel suo legittimo mondo, quello di Gi11st!110d' Arienzo e del Pastore sepolto e di gran parte della Signora ;,Iva. Questo non nel primo dei due racconti di cui si compone il volumetto di Einaudi (unanimemente respinto dalla critica; vedi il Cecchi e il Bocelli), ma nel secondo, una eccellente narrazione che, se non supera l'aura lirica di Giustino d'Arienzo, ne rappresenta però un complemento psicologico ed un aggiornamento letterario notevole. Con la pubblicazione di Villa Taranto/a (Milano, Meridiana, 1948) Vincenzo Cardarelli non ha aggiunto nulla alla glorificazione dei suoi Penati tarquinesi, se non forse il serto del Premio « Amici della Domenica». Quelle rievocazioni dell'infanzia campagnola e della giovinezza romana, si fan lèggere per l'estrema lievità della prosa, fino a sbiadire in un nulla di memoria che gira attorno a particolari insignificanti. A che servirebbe sbandierare novità e classicità quando poi il per-
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