Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

294 NOTE 01 CRONACA Gli episodi della cns1 e del blocco di Berlino sono stati materia di cronaca quotidiana per i giornali durante tutta l'estate: talvolta parve che si fosse alle soglie dell'irreparabile. Il compromesso raggiunto in linea di massima a Mosca sulla base di un accordo monetario fra le diverse zone in base al quale le potenze occidentali riconoscevano il marco emesso dalle autorità sovietiche di occupazione, si rivelò, all'atto pratico irrealizzabile quando i comandanti militari di Berlino tentarono di applicarlo. La questione, così, fu deferita all'O.N.U. la quale, però, per tutta la durata della sessione parigina ha evitato di emettere un giudizio definitivo an'che perché il Presidente di turno del Consiglio di sicurezza, il ministro degli esteri argentino Bramuglia, si è fatto iniziatore di un tentativo di mediazione che mentre scriviamo è ancora in atto. Non è possibile dire quale sarà l'esito di questi sforzi generosi: certo è che le due parti non sembrano troppo inclini ad un'intesa o a un compromesso, e la condizione sine qua non per la ri<1scitadi una mediazione è che le Parti siano disposte ad accordarsi. L'acutezza della crisi berlinese, il soggiorno romano del generale Marshall - brevissimo quanto inatteso -, alcuni articoli dcli'« Osservatore romano», hanno anche fatto parlare di una possibile mediazione pontificia. Ma s1 è fatto subito notare che la Santa Sede non può tentare mediazioni se non richieste da tutte le parti interessate. Ora due o piì1 Paesi che chiedono l'intervento di un fotermediario per comporre le loro discordie, già indicano la volontà di intendersi. Il che purtroppo non è nelle circostanze attuali. E d'altra parte l'atteggiamento che l'Unione dei Sov'ieti e i Paesi del blocco orientale hanno assunto nei riguardi della Chiesa cattolica è di un'ostilità cosl assoluta e così intransigente da escludere ogni atto che implichi, diret\:amente o no, un riconoscimento della posizione morale della Santa Sede. « Quante divisioni ha il Papa?» domandava Stalin a Roosevelt durante la guerra. Un potere d'ispirazione materialistica, anzi il braccio secolare di un'antichiesa materialistica, non concepisce valori che non siano tangibili o per meglio dire fondati sulla forza delle armi. Quanto alla questione berlinese, abbiamo detto nell'altra nostra rassegna che sembrava intento dei russi quello di rimettere sul tappeto l'intero problema tedesco per impedire la riorganizzazione della trizona occidentale. L'appello lanciato a Varsavi~ dai ministri degli esteri dei Paesi del blocco orientale al riguardo era esplicito. Ma i fatti, quali cominciano a trapelare, dicono che mentre la diplomazia sovietica si sforzava di interrompere la politica degli occidentali in Germania, le autorità' d'occupazione della zona orientale procedevano con ritmo celere ad un riassetto economico su basi collettivistiche che trasforma rapidamente la struttura dell'oriente germanico e lo diversifica nettamente dalle altre zone. Quindi i russi pur senza dirlo considerano la frattura della Germania un fatto compiuto: l'unificazione ch'essi concepiscono sarebbe, di fatto, null'altro che un'annessione di provincie ancora asservite al capitalismo al nucleo statale di tipo socialistico ch'esse vanno organizzando. Tutto ciò accredita l'ipotesi che abbiamo fatto cominciando: la crisi tedesca, provocata dai russi e poi inasprita sapientemente, è una semplice diversione destinata a polarizzare l'attenzione americana in Europa mentre era in preparazione un nuovo balzo in Oriente. E improvvisamente è apparsa sulla scena dell'attualità la crisi cinese. Il dramma della Cina non è di oggi e neppure di ieri: sono decenni che la guerra, interna ed esterna ad un tempo, miete milioni di vittime, alleata terribile che la cattiva volontà umana associa ai periodici flagelli che fanno pensare a fenomeni cosmici ricorrenti: la carestia, l'inondazione, la peste. E malgrado tutto, sotto il fuoco e l'acqua, mo'rso dalla fame e falciato dalle pestilenze, il popolo cinese segue il suo cammino, affida alla terra un seme di cui forse il seminatore non

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