RECENSIONI 285 Prima di tentare una valutazione dell'opera di Frege, occorre parlare ancora di quel!' atteggiamento del nostro autore che il Geymonat osa chiamare « platonismo». Il Frege insiste spesso, nel suo libro, sul carattere oggettivo delle definizioni da lui date, e in genere delle verità matematiche. Citerò taluni passi più significativi. Dopo aver definito il numero 1, l'autore afferma: « Non mi sembra super-· fluo osservare che la nostra definizione del!' 1 non presuppone, per la propria validità oggettiva, alcun fatto di osservazione (cioè alcuna proposizione priva di universalità). Forse taluno potrebbe pensare il contrario, indotto a ciò da due considerazioni : a) che devono essere soddisfatte certe condizioni soggettive affinché ci sia possibile enunciare la nostra definizione; b) che sono delle rappresentazioni sensoriali a darci occasione di giungere ad essa. Sta però il fatto che tutto questo può anche essere vero, senza che le proposizioni ricavate cessino di essere a priori. Per renderlo chiaro, osserviamo che, fra le condizioni soggettive necessarie per pensare l'ultima proposizione pocCI fa riferita, vi è certo anche questa: che il sangue affluisca al nostro cervello in quantità sufficiente e nella sua giusta composizione. Eppure è fuori dubbio, che la verità di quella proposizione non dipende da questo fatto empirico; essa continua a sussistere anche se queste condizioni fisiologiche non sono più soddisfatte. Anche se, un giorno, tutti gli esseri razionali dovessero cadere contemporaneamente in letargo, la verità della proposizione anzidetta non verrebbe perciò interrotta durante un tale periodo, né risulterebbe comunque offuscata. La verità di una proposizione non consiste infatti nel suo venir pensata». E, più oltre, dopo aver definito la relazione del seguire in una serie, insiste sul carattere oggettivo di tale relazione « .... il fatto che y segua ad x nella serie y non ha nulla a che vedere con la nostra attenzione né con le condizioni del suo dirigersi in un senso o nell'altro; esso è qualcosa di reale, di effettivo, come è reale che un foglio verde rifletta certi raggi e ne assorba certi altri -indipendentemente dalla circostanza che i raggi riflessi giungano o no sui miei occhi e provochino o no una certa sensazione, come è vero che un granello di sale è solubile in acqua sia che, una volta gettatovelo, io riesea sia che non riesca ad osservare questo processo di soluzione, sia ancora nel caso in cui io non mi trovi affatto nella possibilità di compiere su ciò un esperimento ». E voglio riportare infine il breve paragrafo che è quasi la conclusione di tutto il volume. « La concezione ora accennata dei numeri, mi sembra possa spiegarci facilmente qual'è l'origine del fascino, che l'aritmetica e l'analisi esercitano su chi le studia. Modificando una nota affermazione si potrebbe dire: il vero e proprio oggetto della ragione è la ragione. Ebbene, studiando l'aritmetica, noi ci occupiamo proprio di oggetti, i quali non si presehtano a noi come qualcosa di estraneo, come oggetti conoscibili solo dal di fuori per mezzo dei sensi, ma come oggetti che son dati direttamente alla nostra ragione, oggetti che essa può scrutare fin nelle più profonde intimità, poiché le appartengono integralmente. Eppure, malgrado questo loro carattere razionale, anzi proprio a cagione di esso, gli oggetti dell'aritmetica non sono chimere soggettive. Tutt'al contrario: non vi è nulla di più oggettivo che le leggi dell'aritmetica». * * * Questo atteggiamento è visibilmente in oppos1Z1onealle tendenze pos1t1v1st1che, predominanti nel mondo della cultura all'epoca dell'autore, e sarà ripreso dal Russe!!. Si tratta dell'atteggiamento chiamato da alcuni eminenti studiosi di filosofia della matematica «realistico», in contrapposizione all'atteggiameno «nominalistico»
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