170 ROBERT GIVORD l'uomo è di « approfondirsi esistendo nella soggettività» ( l ). E questa soggettività è inviolabile, incomunicabile. Per potere semplicemente esistere, riconosce Guardini, l'uomo ha bisogno di un dominio segreto dove essere veramente in casa propria e potersi sottrarre a ogni indiscrezione estranea (2). Ed ecco che leggendo le epistole di san Paolo troviamo delle frasi strane: « Sono stato crocifisso con Cristo, dice l'apostolo, e vivo non più io, ma -vive in me Cristo » ( Cal., 2, 20). Questa identificazione del cristiano con Cristo è un aspetto centrale della dottrina paolina; essa non è del resto particolare a san Paolo, ma si ritrova negli altri scritti del Nuovo Testamento, per esempio nella scena evangelica del Giudizio Universale. Ma cosa signific,a questa identificazione, questa confusione apparente della persona umana con un'altra persona, sia pure una persona del Verbo incarnato? Non è forse ciò qualcosa che minaccia di rovinare l'essenza stessa della persona, la cui proprietà è di appartenersi in modo esclusivo? Le formule paoline, confessa Guardini, mettono in grave imbarazzo il nostro pensiero abituato a prendere per base la nostra esperienza naturale della personalità. Ma sarebbe un torto, per sottrarsi a questa difficoltà, d'interpretare il pensiero dell'apostolo in senso più debole: L'unione di Cristo e del cristiano non è in alcun modo paragonabile per esempio all'unione del discepolo e del maestro, del successore e del fondatore. E non può, neanche essere paragonata a quel che accade quando si dice che il padre o l'antenato rivive in un discendente. E infine, non e· è niente di simile in certe esperienze religiose in cui l'uomo è come posseduto dal dio, tanto che quest'ultimo parla per la bocca di lui. Le affermazioni paoline vanno prese alla lettera, nonostante il mistero che implicano. C'è una vera abitazione di Cristo nel credente, e questa presenza è tanto intima che la barriera, che separa abitualmente i soggetti personali, cade tra l'io umano e l'io di-vino. La cosa non sarebbe certamente possibile tra due persone poste sullo stesso piano. Tra me e un altro, sarà sempre giusto dire: « lui o me». Ma il caso non è lo stesso quando si tratta di Dio. Poiché, dice Guardini, « Dio infatti non è un altro » (3). Egli è la sorgente profonda dell'io umano. Orbene Cristo è Dio, e questo rende possibile l'unione misteriosa di cui parla san Paolo. Ed ecco anche perché questa unione, lungi dal minacciare la personalità dell'uomo, è la condizione della sua perfezione e del suo compimento: << L'uomo è lui stesso mentre è in Cristo » (4). La descrizione paolina dell'abitazione di Cristo nel credente, ci dice Guardini, esclude assolutamente l'ipotesi di uno stato di estasi o patologico nel quale la personalità umana sarebbe minacciata. Al contrario questa maniera d'essere ci appare « come il fondamento durevole d'una esistenza personale perfettamente chiara e altamente vera» (5). Guardini va ancora più lon- ( I) Pou-scriptum aux mimes phi/osophiques, trad. francese Petit, p. 127. (2) Welt rmd Perso11, p. 21. (3) Der Herr, p. 618; We/1 1111dPerson, p. 24. (4) De, Herr, p. 618. (5) lJVe/1 1111dPenon, p. 119.
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