Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

262 GIOVANNI MIELE tori e deputati per le questioni regionali ( art. 126), deferisce i giudizi sulla legittimità costituzionale delle leggi regionali e sui conflitti di attribuzioni fra i poteri dello Stato e le Regioni o fra le Regioni stesse alla Corte Costituzionale (art. 134). Dal!' esame di tutte queste norme costituzionali si possono cogliere i prinòpali criteri che hanno guidato l'istituzione dell'ente regione e il suo ordinamento. In primo luogo è facile notare che lo Stato ha tenuto a riaffermare la sua sovranità anche rispetto al nuovo ente, costituendosi esso fonte dei poteri della regione e rifiutando ogni concessione che potesse far apparire l'ordinamento di questa, anche in parte minima, come effetto di un'autodeterminazione originaria: vale a dire, l'ordinamento delle singole regioni trae la sua validità dall'ordinamento generale e si pone rispetto a questo come un ordinamento !derivato, onde a ragione l' ente regionale può qualificarsi, nell'usata accezione del termine, ente autarchico. In ciò è da vedere l'espressione più rigorosa della concezione antifederale che è alla base della nostra Costituzione: e si osservi che su tale punto questa non ha ceduto neppure di fronte alle regioni che reclamavano una autonomia speciale, riservando addirittura a sé, con un curioso contrasto rispetto alle regioni dotate di autonomia normale, la deliberazione degli statuti che ne contengono l'ordinamento. In secondo luogo la Costituzione, respingendo i suggerimenti che erano stati affacciati in altra sede, non ha creduto di far posto a una graduale istituzione della regione, ad esempio mediante la creazione, in un primo tempo, di consulte regionali con la facoltà di proporre provvedimenti intorno all'assetto amministrativo o alla vita economica della regione ( 1), ovvero rimettendo alle popolazioni interessate l'iniziativa della nascita della regione (2), ma ha voluto che anche in questo campo l'iniziativa fosse dello Stato. Pertanto, anziché procedere dal basso, attraverso raggruppamenti di enti minori o in altro modo, la formazione delle regioni trae vita daJ.lavolontà dello Stato che ne ha disposto la simultanea istituzione nelle singole parti del territorio nazionale ed ha avocato a sé la decisione ( con legge costituziònale) circa le future modificazioni (artt. 131 e 132); parimenti, lo Stato ha dettato un ordinamento fondamentale e uniforme per tutte le regioni ad autonomia normale (titolo V della parte 11), lasciando agli statuti di queste un margine non molto considerevole d'integrazione e di adattamento (art. 123}; e infine, (1) Sottocommissione « Problema della regione», voi. II, p. 258 segg. (2) }EMOLO, Il decentramento regionale (Quaderni del Partito d'Azione, n. 11). L'autore però, nel tempo stesso che lanciava quest'idea, ne avvertiva l'inopportunità politica e consi. gliava in sua vece di suddividere le funzioni della regione in obbligatorie e facoltative, in modo che per queste ultime fosse la regione stessa ad avvisare la convenienza della loro as• sunzione. Si ricordi .che la vigente legge comunale e provinciale contempla qualcosa di analogo per i Comuni e le Provincie. li progetto sulla regione, elaborato dalla Sottocommissione di cui alla nota precedente, aveva accolto la distinzione di funzioni obbligatorie e facoltative (Relazione p. 270).

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