Quaderni di Roma - anno II - n. 3-4 - mag.-ago. 1948

QVADERNI DI ROM RIVISTA BIMESTRALE DI CVLTVRA DIRETTA DA GAETANO DE'SANCTIS ANNO Il • MAGGIO-AGOSTO 1948 · FASCICOLO 3.4 SANSONI· EDITORE

Comitato di Redazione G. DE SANCTIS, presidente . R. ARNOU . G. COLONNETII G. ERMINI - A. FANFANI - P. P. TROMPEO Sei:retario di Redazione P. BREZZI Direzione e Redazione CASA EDITRICE SANSONI - VIA GAETA, 12 • ROMA INDICE R. GIVORD:L'essenza del Cristianesimo di Romano Guardini. Pag. 161 C. MAZZANTINI:La filosofia di Alfred North Whitehead . 175 M. SANCIPRIANOL:'io e la ragione nell'umanesimo cristiano . 194 C. BALLERINI:Antonio Fogazzaro poeta della sensibilità . 212 U. BtANCHI:Motivi religiosi ed etici dei «Persiani» di Eschilo . 222 G. BOVINI: Il ritratto sui sarcofagi paleocristiani e l'arte romana ( con 5 illustrazioni) . 239 M. PETROCCHI:La guerra di secessione americana e il proletariato italiano 249 G. MIELE: La regione nella costituzione italiana . .254 P. LOMBARDINII:l radar, nuovo strumento di visione 268 Varietà: P. S. LEICHT: Un bibliofilo del Quattrocento 276 Recensioni: Gottlob Frege, Aritmetica e logica (Gumo ZAPPA) . 281 Note di cronaca: Cronache religiose (***) 288 Cronache politiche (***) . 393 Cronache letterarie (G. PETROCCHI) 299 Cronache d'arte: La XXIV Biennale di Venezia (A. PRANDI). 304 Cronache sociali (F. LOFFREDO). 321

L'ESSENZA DEL CRISTIANESIMO DI ROMANO GUARDINI « Per ogni cristiano tutto dipende dalla questione di sapere se la figura del Signore vive in lui pura e vigorosa, o al contrario sbiadita e insignificante. Molte obbiezioni contro Cristo provengono in ultima analisi dal fatto che la sua immagine non risplende più nello spirito dei credenti, e il loro cuore non vibra più al suo contatto » ( 1). E infatti al cristiano non basta possedere una fede sia pure teologicamente esatta, ma puramente astratta e concettuale. Deve vivere la sua fede con lo spirito e con il cuore, e ciò presuppone un difficile sforzo di « conversione » della volontà e del pensiero umani. Conservare intatto e approfondire senza posa il messaggio evangelico, allo scopo di farne vivere le anime, è il dovere del pensiero cristiano, ma esso non potrebbe compiere questo dovere, se non tentasse costantemente di vivificarsi al contatto della figura di Cristo. Dei teologi odierni nessuno, forse, più di Romano Guardini, ha avuto nettamente coscienza così di questa verità come dell'importanza del compito. Contribuire a questo compito essenziale, fare conoscere in modo concreto ai suoi lettori che cosa è il cristianesimo autentico, vale a dire aiutarli a penetrare più profondamente la figura di Cristo, questa è l'idea fondamentale che ispira tutto lo sforzo teologico di Romano Guardini, e che è all'origine di una serie, già imponente, di opere religiose. La nostra ambizione sarà, in questo articolo, di far intra vedere ai lettori alcuni aspetti di questo suggestivo pensiero. * * * Qual' è l'essenza del cristianesimo? E noto che questa domanda è stata oggetto delle risposte più diverse. L'espressione stessa forma il titolo di molti libri famosi alcuni dei quali, del resto, sostengono a fondo il più radicale ateismo. Romano Guardini non s'attarda a discutere in particolare le diverse formule con le quali si è cercato di definire il Cristianesimo; « religione dell'amore», « paternità divina», « religione dello spirito» o (I) R. GUARDINI, Das Bild •on fesus dem Christus im Neuen Testament, W"iirzburg, 1936, p. IS. 11. - Quadtn1i di Roma.

162 ROBERT GIVORD «dell'interiorità», egli rivolge a tutte queste formule un rimprovero molto più fondamentale di tutte le critiche particolari. Queste risposte sono false, egli ci dice, perché sono date in forma astratta. « Con ciò esse pongono il loro oggetto sotto concetti universali, ed è precisamente questo che contraddice la più profonda coscienza del cristianesimo » ( 1). Infatti va a finire che si paragonano i dati della fede a ciò che il nostro pensiero o la nostra esperienza naturali pcngono sotto i concetti di amore, di persona, di sentimento religioso, di etica, ecc. Ma in tal modo -vienemisconosciuto il carattere pro· prio della Rivelazione cristiana. Il cristianesimo, Guardini non si stanca mai di ripeterci, non è in fin dei conti una dottrina teorica, né una interpretazione della vita umana; non è un'« etica», una« Weltanschauung», o qualunque altra cosa. Contiene tutto ciò senza dubbio, ma non è questo il suo nocciolo essenziale; il quale non è altro che Gesù di Nazareth, la sua realtà concn;ta, la sua opera, il suo destino. E il fatto d'essere cristiani consiste in una partecipazione ali' esistenza di Cristo (2). Ecco la risposta che Guardini dà al quesito fatto: « Non vi è alcuna determinazione astratta dell'essenza del cristianesimo. Non esiste alcuna dottrina, alcun sistema di valori morali, alcuna attitudine religiosa che passano, staccati dalla persona di Cristo, definire il fatto cristiano. Il fatto cristiano è Lui stesso: ciò che per Lui viene agli uomini, e il rappcrto che lluomo, per mezzo di Lui, può avere con Dio. Un contenuto dottrinale è cristiano nella misura in cui esce dalla Sua bocca. L'esistenza è cristiana nella misura in cui il Suo movimento viene da Lui determinato. In tutto quello che deve essere cristiano, bisogna ch'Egli sia presente. La persona stessa di Gesù Cristo, nella sua unicità storica e nella sua maestà eterna, è la categoria che determina l'essere, l'agire e l'insegnamento cristiani. 1ì questo un paradosso» (Das Wesen des Christentums, p. 86). Certamente siffatta risposta non è del tutto nuova. Da duemila anni che il pensiero cristiano esiste, essa al contrario è stata notata sovente, ed espressa con più o meno chiarezza. Ma Guardini pensa ch'essa non è mai stata sfruttata a sufficienza, e talvolta non esita a pronunciarsi con una certa severità; si direbbe, egli scrive, che il pensiero teologico non ha ancora mai guardato in faccia i problemi che si pongono non appena viene presa veramente sul serio l'idea che soltanto Cristo storico è la« categoria» decisiva del pensiero cristiano (3). Per quanto lo riguarda, Guardini ha preso veramente sul serio questa idea, e le sue opere ne contengono numerose applicazioni che ci permettono di afferrarne meglio la pcrtata. Ci limiteremo qui ad un esempio, quello dell'amore cristiano, analizzato dal nostro autore nel suo libro su « il mondo e la persona ». Dire che il cristianesimo è la religione dell'amore (1) Das lf'ese11 de, Chmtentums, W•iirzburg, 1939, pp. 4-~. (2) Der MiJvol/zug des Dasei11sChristi; cf. Der Herr, p. 494; Das ll"esen de, Chrislen. tums, p. 7. (3) Das Wese11 des Christentums, p. 87.

L'ESSENZA DEL CRISTIANESIMO DI ROMANO GUARDINI è una formula corrente. Ma questa formula è giustamente esposta alla stefsa critica fondamentale segnalata sopra. Il nostro concetto ordinario dell'amore evoca certe esperienze d'ordine naturale che si classificano del resto secondo differenti strutture studiate dalla psicologia e dalla storia: la simpatia, la pietà, l'altruismo, l'eros, ecc.... Ora, dice Guardini, non appena tentiamo di penetrare la figura di Cristo sotto questo aspetto dell'amore, ci sentiamo smarriti. « Incontriamo atteggiamenti, atti, e un apprezzamento di valori che siamo incapaci di mettere d'accordo con la nostra idea dell'amore. L"amore di Cristo ci appare come qualche cosa che sfugge a qualsiasi determinazione umana; come una realtà che viene da Dio e che è al tempo stesso bella e terribile, familiare e sconosciuta, rassicurante e pericolosa. Questo amore non trova posto in alcuna categoria già pronta, psicologica e filosofica. Non si può dire: l'amore cristiano che si trova anche e in modo perfetto in Gesù, è quell'atteggiamento che ..., ma solo: l'amore cristiano è il modo con cui Cristo si comporta. Comincia con lui; non esiste né prima di lui, né senza di lui; non può essere definito con un concetto, ma solo con un nome, quello di Cristo » ( 1). La cosa è tanto vera, continua Guardini, che talvolta non ci si può difendere dall'impressione che il cristianesimo e specialmente l'amore cristiano sono inferiori ad alcune disposizioni umane, come la bontà della saggezza orientale o la pietà religiosa che anima la mentalità di certi popoli. Ma il cristiano deve comprendere che non il nostro concetto naturale dell'amore deve ser•virci a giudicare l'amore di Cristo. Al contrario • l'amore quale è in Cristo deve essere la regola del nostro pensiero e del nostro cuore. * * * Noi siamo, tuttavia, sempre tentati di ritornare al nostro modo di pensare, alle nostre norme abituali, alla nostra esperienza òrdinaria. Uno sforzo costante e difficile viene a noi richiesto per metterci alla scuola del Maestro Divino, e apprendere da lui che cosa è Dio. Per aiutarci in questo sforzo, la lettura delle opere di Guardini costituisce un aiuto del quale si trova di rado l'equivalente per efficacia e potenza di suggestione. Segnaliamo soprattutto quel bellissimo libro« Der Herr >>,« Il Signore>> (2), già tradotto in varie lingue, e dove l'autore, commentando passo a passo la vita di Cristo secondo il Nuovo Testamento, cerca di risuscitare davanti a noi nella loro purezza originaria la figura e il messaggio del Salvatore. L'idea centrale è sempre la stessa. Cristo non è un padrone che insegna una -verità distinta da lui, e neanche un profeta che parla in nome di Dio. E la persona stessa di Cristo a costituire la rivelazione per eccellenza; è Cristo soprattutto a rive- (I) !Velt und Per,011, Wllirzburg 1940, p. 134. (2) Der Herr, Wiirzburg, 1937,

ROBERT GIVORD !arei che Dio è Amore. Senza dubbio la ragione umana, abbandonata alle proprie forze, pensa Dio come l'essere assoluto, la realtà perfetta. Essa gli attribuisce anche tutte le perfezioni compresi l'amore e la bontà. Ma quantunque da una parte e dall'altra siano impiegate le stesse parole, c'è sempre una profonda discontinuità tra la conoscenza razionale e la conoscenza di fede. L' « essere perfetto », il « Bene supremo », si potrebbe amarlo forse, ma secondo la maniera platonica, con l'aspirazione dell'eros antico. « E forse questo, esclama Guardini, l'amore del Nuovo Testamento? No certo. Questo è - come dire? - semplicemente umano» (1). Amore umano di un Dio che si manifesta ad ogni passo nel Vangelo. Al momento dei miracoli di resurrezione per esempio, il mondo per una volta ci si presenta da un lato diverso da quello che abitualmente abbiamo davanti agli occhi: « Per un breve istante, grazie all'amore del Redentore, è il cuore umano a costituire il centro che determina gli avvenimenti del mondo .... Su ognuno di noi è diretto lo sguardo di Dio come sulla povera donna che camminava dietro al feretro. Ognuno di noi deve essere convinto che Dio considera la sua esistenza più importante di Sirio o la Via Lattea. Il cuore, il destino di ognuno di noi, ecco ciò che è, visto da Dio, il centro del mondo» (2). Se Guardini si serve qui dell'esperienza concreta dell'amore umano, opposta ai concetti filosofici, per aiutarci a realizzare l'amore divino rivelato in Cristo, non è per contraddire quanto abbiamo riferito sopra, quando l'abbiamo visto criticare la maniera che consiste nel pensare l'amore cristiano con la nostra esperienza naturale dell'amore. Ciò prova soltanto che, se insiste con forza sulla differenza qualitativa tra l'ordine naturale e l'ordine soprannaturale, egli sa anche segnare nettamente l'altro aspetto delle relazioni tra questi due ordini: la loro somiglianza e la loro affinità. L'uomo è stato creato a immagine di Dio, e proprio questo ha permesso al Verbo di incarnarsi in una natura umana per rivelarci Dio. Ma l'immagine divina nell'uomo è stata sfigurata dal peccato; Cristo ha riportato quest'immagine alla sua perfezione primitiva. Perché Cristo è Figlio di Dio può rivelarci i segreti divini; perché è uomo perfetto, può tradurre la divinità in immagine umana. Così Cristo solo ci rivela il Padre. Alla domanda: chi è il Padre?, ci dice Guardini, e'è una sola risposta: colui al quale Gesù pensa quando dice « P;idre mio». Per conoscere Dio vivo, bisogna contemplarlo nelle parole, nell'atteggiamento, nella vita e nella morte di Gesù. Ma Guardini aggiunge un' osservazione meno frequente: Cristo ci rivela anche l' uomo. A questa domanda ci sono tuttavia due risposte: « La prima è la seguente: l'uomo è l'essere nella cui esistenza Dio ha potuto tradursi, la lingua in cui Dio ha potuto egli stesso rivelarsi. L'uomo è l'essere così fatto che Dio vivo ha potuto esprimersi in Gesù, in Gesù bam- (1) lbid., p. 576. (2) lbid., p. 137.

L'ESSENZA DEL CRISTIANESIMO DI ROMANO GUARDINI bino, in Gesù che viene in aiuto ai malati e agli smarriti, in Gesù silenzioso dinanzi a Pilato e che muore sulla croce.... Ma v'è una seconda risposta: l'uomo è anche l'essere che ha messo a morte l'unico Figlio, venuto al mondo come Verbo vivente di Dio e per cui risplendeva in un viso umano la luce eterna» (1). * * * Cristo è il Figlio di Dio, la Vita, la Verità; viene <<dall'alto», reca la nuo 1a nascita, il nuovo principio, il germe di vita soprannaturale che deve normalmente svilupparsi nel mondo, riscattare e assimilare tutto l'ordine della natura, far passare l'intera creazione nel regno dei figli di Dio. Ma viene in un mondo cattivo; non in un mondo fondamentalmente cattivo, ma in un mondo dove è il peccato. Così l'azione di Dio incontra la libertà umana. Il mondo, invece di aprirsi all'appello divino, può chiudersi e anche ribellarsi contro Dio. Gli Ebrei hanno crocifisso Cristo, e, per tutta la storia il fenomeno della rivolta atea continua ad effettuare le sue devastazioni, quando più o meno latente, quando come ai nostri giorni con una violenta esplosione. Come ha potuto l'uomo chiudere gli occhi davanti alla luce divina? Romano Guardini si è chinato con una specie d'angoscia su questo problema: « Di fronte ad u.na luce umana si potrebbe ancora comprendere, ma di fronte alla luce di Dio? Di fronte a Dio stesso?» (2). L'accecamento degli Ebrei è particolarmente strano: « Come ha potuto una educazione divina di duemila anni produrre un frutto simile? Il pensiero vi si sperde, non si trova alcuna risposta » ( 3). Ma Guardini ci fa capire che si tratta di una possibilità legata alla natura stessa dell'economia provvidenziale della salvezza. Non possiamo senza dubbio eludere alcuni quesiti: Dio non avrebbe potuto toccare il cuore degli Ebrei? Non è egli la Verità, la Luce, lo Spirito? « Lo Spirito è venuto dopo la morte di Gesù: non sarebbe potuto venire un anno prima? ». Certamente Dio avrebbe potuto tutto questo. Avrebbe potuto fare irruzione nei cuori, riempirli della sua verità e del suo amore, far in modo che tutti gli uomini riconoscessero in Gesù il Messia - ma non l'ha voluto. Dio è il Padrone sovrano, ma non appena entra nel mondo, diviene « misteriosamente debole », come se deponesse la sua onnipotenza davanti alle porte dell'esistenza. E perché? Perché, ci risponde Guardini, l'uomo non deve riposare semplicemente sulla onnipotenza di Dio, deve farsi egli stesso con una libera decisione. E proprio in questa libera decisione accordata alla creatura culmina l'onnipotenza creatrice di Dio (4). (I) Der Hei/bringer in M)tho1, O/fmba11111gu11dPo/itik, Stuttgart, 1945, p. 24; cf. Der Htrr, p. 298. (2) Der Herr, pp. 203-204. (3) Ibid;, p. 284. (4) Ibid., p. 281.

166 ROBERT GIVORD Dio ha un rispetto infinito della libertà umana. Per caratterizzare questo rispetto, Guardini si serve di un'idea alla quale dà molta importanza: la serietà del!' amore divino. Egli reagisce contro certe abi_tudinidi pensiero che sembrano accordare troppo al potere arbitrario della volontà divina nella realizzazione della storia del mondo, e ritorna, con notevole insistenza, in più di un passo dei suoi scritti, sull'idea che la storia delle relazioni tra Dio e l'uomo dipende in gran parte, nelle sue modalità, dalle libere scelte, dalle accettazioni o dai rifiuti dell'uomo. E non esita a definire « pietà superficiale » la formula corrente che dichiara che « gli intenti divini non possono essere resi vani » ( 1). Già prima di Cristo il decreto della salvezza è stato condizionato da una serie di atti storici. Se Abramo non avesse risposto ali' appello di Dio, le promesse legate alla sua fede si sarebbero spente, e tutti gli uomini avrebbero dovuto subirne le conseguenze. L'intera storia del popolo ebraico è così determinata dalla successione delle sue fedeltà e delle sue mancanze. Dio rimane fedele alle sue promesse, è vero, ma ogni decisione libera dell'uomo orienta la storia in un senso esclusivo e irreversibile. Ora Dio stesso ha voluto, con l'Incarnazione, inserirsi in una situazione storica, legarsi a un punto minuscolo dello spazio e del tempo, accettare tutte le alee d'una storia generata in parte dalle volontà ribelli degli uomini. Il concetto paradossale di un « destino di Dio » è da allora divenuto una verità: « Contro.senso apparente, ma che è il segno d'una verità più alta .... Che Dio, davanti a cui il mondo è un nulla prenda· abbastanza sul serio questo mondo per accettare d'essere eternamente determinato da lui, mette con la massima evidenza in rilievo la fondamentale rivelazione che Dio è una Persona agente per la pura iniziativa della sua libera <volontà, la quale diventa lei stessa attrice nella storia e accetta di subire un destino» (2). Adesso sappiamo che questo destino ha comportato il sacrifizio della Croce. Ma anche qui dobbiamo guardarci dal confondere il passato con il futuro. Ab,ituati a quanto è avvenuto, siamo portati a credere che la redenzione doveva fatalmente compiersi come si è compiuta. Ma non è così. In principio, osserva Guardini, Gesù non parla della sua morte. Se il popolo si fosse aperto all'appello del Salvatore, le profezie messianiche annuncianti un regno ideale di grazia e di santità si sarebbero realizzate. I cuori degli Ebrei, invece di indurirsi seguendo i loro capi religiosi, sarebbero stati docili. Allora la redenzione si sarebbe prodotta in altro modo e la storia sarebbe stata mutata, prospettiva che Guardini evoca sempre con rammarico e nostalgia. Parlando delle beatitudini e del discorso della Montagna, egli ci in- ( I) Die Of/enbaru11g, Wurzburg 1940, p. 60. Nelle meditazioni che riportiamo, Guardini indubbiamente non vuole prendere posizione tra le diverse opinioni teologiche sul difficile problema delle relazioni tra la prescienza divina e la libertà umana. Egli insiste soltanto con forza su di un aspetto di queste relazioni, e afferma la necessità di manténere la contingenza reale degli avvenimenti storici -condizionati dalla libertà dell'uomo, quando ci si pone dal punto di vista dell"essere impegnato nel tempo. (2) lbid., pp. 7~·76.

L'ESSENZA DEL CRISTIANESIMO DI ROMANO GUARDINI vita a collocarli nel tempo in cui furono pronunciati, quando ancora non erano scomparse alcune possibilità che dovevano ben presto scomparire per sempre per colpa dell'uomo: « Tutto era pronto affinché il regno di Dio arrivasse». Cristo aveva detto espressamente che questo regno era vicino; e ciò non poteva essere soltanto una formola entusiastica o un urgente avvertimento: vicino significa vicino. Era quindi possibile, da parte di Dio, che si avverasse effettivamente quanto avevano annunciato le profezie d'Israele: il sorgere d'una nuova esistenza santa. Tutto sarebbe stato mutato. E prima di tutto in relazione a questa possibilità sono dati i comandamenti del Discorso della Montagna (Der Herr, p. 119). Ma la libertà umana ha ceduto una volta di più. Gli Ebrei hanno respinto il Messia. Ciò che era effettivamente ancora possibile all'inizio della vita pubblica di Gesù, non lo è più adesso. Al centro della storia umana v'è una « seconda caduta » dell'umanità prodotta dal peccato deicida. E se questo peccato, per una sorprendente invenzione dell'amore di Dio è il pretesto della redenzione, questa si compie per mezzo della croce. Avvenimento che determina per tutto il resto della storia la natura della vita cristiana. Il peccato degli Ebrei è stato un fatto contingente. Ma ha per conseguenza che ogni cristiano, al seguito del maestro, non può più fare ormai il suo saluto che con il mezzo regale della croce. * * * In tutte le epoche della storia, la figura di Cristo è occasione di scandalo ed origine di una divisione profonda tra due parti dell'umanità. << lo non sono venuto a portare la pace, ma la spada», diceva Gesù. Dopo il Rinascimento, soprattutto, la rivolta dell'uomo contro Dio ha assunto proporzioni crescenti. Rom.ano Guardini non poteva rimanere indifferente a questo « dramma dell'umanesimo ateo » che è senza dubbio la fonte profonda e l'elemento determinante delle crisi tragiche in cui si dibatte l'umanità moderna. Nei suoi grandi studi critici su Pascal, Dostoievski, Holderlin, R. M. Rilke, nelle dotte analisi storiche e filosofiche dell'opera Welt und Person, egli ha minuziosamente studiato la genesi e le diverse forme dell'ateismo moderno. Tutte hanno questo in comune, che in esse « il mondo » prende sempre più viva coscienza del proprio valore, tende sempre di più ad affermare la sua piena indipendenza e il suo carattere assoluto, e cerca infine di chiudersi perfettamente su se stesso ed escludere ogni trascendenza. Basterà segnalare qui che, secondo Guardini, l'ateismo in modo assai generale si presenta sotto due forme opposte: talvolta il mondo esterno, la Natura, viene divinizzata e prende il posto di Dio; talvolta il soggetto umano come tale viene dichiarato assoluto e praticamente divinizzato. Holderlin,

.. r68 ROBERT GIVORD con il suo panteismo naturista, è un tipico rappresentante della prima tendenza (1) - mentre Nietzsche, che divinizza la« volontà di potenza» è sicuramente il rappresentante più geniale della seconda. Il pensiero di Guardini si è spesso fermato sulla tentazione pagana che consiste nel respingere il messaggio cristiano autentico appoggiandosi sul torbido misticismo della natura o della razza. L'attacco più pericoloso che si possa muovere contro Cristo, egli osserva, non consiste nel dire ch'egli viene a sconvolgere l'ordine stabilito o ad allontanare l'uomo dai compiti temporali. Esso consiste nel presentare Cristo « come colui che commette un delitto sacrilego contro il sacro mistero della Vita e della Natura; come colui che impedisce all'uomo di seguire l'istinto religioso del suo cuore e abbandonarsi alla divina pienezza del mondo» (2). Il fervore pagano di un Holderlin per i suoi dèi, lo strano misticismo di un Reiner M. Rilke che scrive di « allontanarsi sempre più appassionatamente dal cristianesimo » ( 3), sono manifestazioni caratteristiche di questa forma della dvolta atea. In un opuscolo uscito dopo la fine delle ostilità, Romano Guardini, rivolgendosi ai suoi compatriotti ha tentato di mostrar loro lino a che punto il razzismo hitleriano aveva cercato di accaparrare a proprio vantaggio le disposizioni religiose, le aspirazioni alla salvezza profondamente inerenti ali' anima umana. Hitler si è presentato come· il « salvatore » della Germania, ed è parzialmente riuscito a diventare l'oggetto di un vero e proprio culto. Guardini vede in questo fenomeno di esaltazione-di tutto un popolo per il suo« Fiihrer » un fenomeno sostanzialmente identico a quello che ha creato gli dèi o i « salvatori » pagani: Dionisio, Apollo, Baldur. Queste ligure non sono in fondo che personificazioni della natura con i suoi ritmi, con il suo potere incessante di rinnovamento vitale, con la successione indefinita dei morti e delle generazioni. Ma tutto questo è inferiore alla natura dell'uomo che possiede in modo inalienabile la dignità di persona. I « salvatori » sono a prima vista delle ligure piene di fascino, da cui emana una atmosfera inebriante. Ma alla li.ne lasciano intorno a sé soltanto malinconia, angoscia, -vuoto, disillusione, disgusto. Contro di essi, contro l'ultimo controsenso dei ritmi indefiniti della Natura impersonale, la persona alza la sua voce. << Essa protesta, in nome della sua inalienabile dignità, contro tutti i salvatori di questa natura, quali che siano la pienezza della loro vita e la bellezza delle loro ligure». Di fronte ai salvatori pagani Guardini ci mostra il solo vero Salvatore, Cristo: « Chi è dunque Cristo? E colui che libera da ciò che si manifesta nei salvatori. L'azione redentrice di Cristo è completamente diversa da quella di Dionisio e di Baldur. Egli non porta quella liberazione che la primavera reca dopo l'inverno, la luce dopo le tenebre, ma spezza il fascino di quel- {I) Cfr. R. GUARDINI, Holder/in, Weltbild ,md Frommigkeit, Leipzig, 1939. ( 2-) Die Offtnba.-ung, p. 95. (3) Citato da R. GUARDINI in IIYelt 1md Person, p. 69.

L'ESSENZA DEL CRISTIANESIMO DI ROMANO GUARDINI tutto dove inverno e prima-vera, tenebre e luce, vecchiaia e gioventù, malattia e salute, privazione e ricchezza stanno mescolati e legati, la Natura .... Cristo libera dal fascino della Natura in generale, dai suoi legami e dalle sue dissoluzioni, dalle sue cadute e dalle sue ascese, per farci accedere ad una libertà ;i:he non viene dalla natura, ma dalla sovranità di Dio » ( Der Heilbringe · in Mythos, Offenbarnng und Politik, pp. 21-22). Ma la forma più decisiva della rivolta atea è certamente quella dove, come in un Nietzsche, l'uomo finito pretende con orgoglio di bastare a se stesso e cerca di prendere il posto di Dio. Romano Guardini non ha dedicato alcun lavoro particolare a Nietzsche, ma ha analizzato a lungo la genesi di questa dottrina, e nel suo libro su Dostoievski ha studiato alcune figure del grande romanziere russo dove essa s'incarna col rilievo d'un esempio (1). Qui il valore della persona umana, i suoi diritti, le sue esigenze d'autonomia e d'indipendenza, sono messi avanti per giustificare la rivolta. Si dichiara che Dio sarebbe colui che minaccia la dignità e l'esistenza stessa dell'uomo; quest'ultimo deve perciò respingere Dio onde poter essere. E « l'ateismo postulatorio »: « Se devo essere, Dio non può essere. Orbene, bisogna che io sia, egli non ha dunque diritto di essere» (2). E questo è un tragico errore. La persona umana, lungi dall'opporsi a Dio, può al contrario soltanto compiersi per mezzo di Dio che è già la fonte ultima del suo essere, e anche della sua libertà. La missione del pensiero cristiano è di mettere questa verità in piena luce, e ciò è quanto Guardini ha fatto nei suoi acuti saggi dedicati al concetto della persona. Non possiamo esporre qui il contenuto, molto filosofico, di questi iavori, ma ci è lecito segnalare la parte centrale assunta dalla persona di Cristo, secondo il loro autore, in questo compimento della personalità umana. Quest'ultima, egli ci dice, è tesa tra due poli, l'interno è l'alto; essa tende sia a rinchiudersi o immergersi in se stessa, sia a uscire da se stessa, a sorpassarsi e ad orient,arsi verso un termine posto al di sopra di lei. Doppia tendenza verso l'immanenza e verso la trascendenza t!'a le quali l'uomo si sente crudelmente diviso. Orbene è soltanto per mezzo di Cristo che queste due tendenze potranno fiorire e armoniz-zarsi, e che la persona umana potrà raggiungere il compimento cui essa asp_ira. * * * Prima di tutto la tendenza che -va verso l'interno. Con la filosofia ide,:ilista, soprattutto con il movimento esistenzialista nato da Kierkegaard, la «soggettività»,« l'interiorità» della persona è stata messa in rilievo ed esaltata. Secondo Kierkegaard, « la verità è la soggettività», e il compito del- (l) Cf. De, Me111ch. ,md de, G/aube, Lcipzig, 1933, pp. 151-310. (2) 111/elt ,md Perso11, p. 22.

170 ROBERT GIVORD l'uomo è di « approfondirsi esistendo nella soggettività» ( l ). E questa soggettività è inviolabile, incomunicabile. Per potere semplicemente esistere, riconosce Guardini, l'uomo ha bisogno di un dominio segreto dove essere veramente in casa propria e potersi sottrarre a ogni indiscrezione estranea (2). Ed ecco che leggendo le epistole di san Paolo troviamo delle frasi strane: « Sono stato crocifisso con Cristo, dice l'apostolo, e vivo non più io, ma -vive in me Cristo » ( Cal., 2, 20). Questa identificazione del cristiano con Cristo è un aspetto centrale della dottrina paolina; essa non è del resto particolare a san Paolo, ma si ritrova negli altri scritti del Nuovo Testamento, per esempio nella scena evangelica del Giudizio Universale. Ma cosa signific,a questa identificazione, questa confusione apparente della persona umana con un'altra persona, sia pure una persona del Verbo incarnato? Non è forse ciò qualcosa che minaccia di rovinare l'essenza stessa della persona, la cui proprietà è di appartenersi in modo esclusivo? Le formule paoline, confessa Guardini, mettono in grave imbarazzo il nostro pensiero abituato a prendere per base la nostra esperienza naturale della personalità. Ma sarebbe un torto, per sottrarsi a questa difficoltà, d'interpretare il pensiero dell'apostolo in senso più debole: L'unione di Cristo e del cristiano non è in alcun modo paragonabile per esempio all'unione del discepolo e del maestro, del successore e del fondatore. E non può, neanche essere paragonata a quel che accade quando si dice che il padre o l'antenato rivive in un discendente. E infine, non e· è niente di simile in certe esperienze religiose in cui l'uomo è come posseduto dal dio, tanto che quest'ultimo parla per la bocca di lui. Le affermazioni paoline vanno prese alla lettera, nonostante il mistero che implicano. C'è una vera abitazione di Cristo nel credente, e questa presenza è tanto intima che la barriera, che separa abitualmente i soggetti personali, cade tra l'io umano e l'io di-vino. La cosa non sarebbe certamente possibile tra due persone poste sullo stesso piano. Tra me e un altro, sarà sempre giusto dire: « lui o me». Ma il caso non è lo stesso quando si tratta di Dio. Poiché, dice Guardini, « Dio infatti non è un altro » (3). Egli è la sorgente profonda dell'io umano. Orbene Cristo è Dio, e questo rende possibile l'unione misteriosa di cui parla san Paolo. Ed ecco anche perché questa unione, lungi dal minacciare la personalità dell'uomo, è la condizione della sua perfezione e del suo compimento: << L'uomo è lui stesso mentre è in Cristo » (4). La descrizione paolina dell'abitazione di Cristo nel credente, ci dice Guardini, esclude assolutamente l'ipotesi di uno stato di estasi o patologico nel quale la personalità umana sarebbe minacciata. Al contrario questa maniera d'essere ci appare « come il fondamento durevole d'una esistenza personale perfettamente chiara e altamente vera» (5). Guardini va ancora più lon- ( I) Pou-scriptum aux mimes phi/osophiques, trad. francese Petit, p. 127. (2) Welt rmd Perso11, p. 21. (3) Der Herr, p. 618; We/1 1111dPerson, p. 24. (4) De, Herr, p. 618. (5) lJVe/1 1111dPenon, p. 119.

L'ESSENZA DEL CRISTIANESIMO DI ROMANO GUARDINI 171 tano; elevandosi alla più alta teologia, egli ci fa intravvedere la ragione ultima di questo perfezionamento della personalità umana per mezzo di Cristo. Per questo bisogna risalire fino al mistero della vita trinitaria, Cristo è il Verro incarnato, la seconda persona della Santissima Trinità. Le relazioni tra le persone divine sono il più alto e più perfetto esempio delle relazioni tra persone e della natura stessa della persona. Quando dice « Tu » al Padre il Verbo è persona, e solo può dire« Tu» al Padre in senso proprio e veramente personale. Ma l'uomo è veramente persona soltanto se tende a Dio e s·i riferisce al « Tu » divino nel modo che conviene alle persone. Da solo l'uomo ne sarebbe incapace. Ma Cristo viene nel credente, gli conferisce una partecipazione alla sua personalità di Figlio, e lo abilita in tal modo a ri·volgersi al Padre nell'intimità di una relazione propriamente personale. Grazie a Cristo viene quindi ristabilito fra la terra e il cielo « l'arco di fiamma » ( 1). dell'esistenza ( existens) umana che il peccato ~veva sconvolto. Questa è, conclude il nostro autore, « l'ultima parola sul senso cristiano della persona » (2). * * * In tal modo è Cristo in noi a determinare « l'interiorità cristiana». Ma l'interno, abbiamo detto, è soltanto ;mo dei pali dell'esistenza umana. L'altro palo è l'altezza, e ciò che le corrispande è la tendenza a uscire di sé, a superarsi, l'aspirazione verso una trascendenza.« L'uomo è qualcosa che deve essere superato». Ma l'eterna illusione dell'uomo è credere ch'egli può superarsi, anzi divinizzarsi con le proprie forze, e invece non lo può senza Cristo. Ecco perché Romano Guardini parlandoci dell'« altezza cristiana», ci mostra un'altra immagine di Cristo, il Cristo dell'Apocalisse, « seduto alla destra di Dio» a giudicare la storia del mondo. L'altezza cristiana è innanzi tutto il termine ideale che deve servirci a giudicare i valori, a determinare i valori più «atti», più degni d'essere ricercati al disopra di tutto. E anche per questo una conversione radicale è richiesta dal nostro pensiero e dal nostro cuore, una rinuncia alle nostre istinti-ve aspirazioni. Commentando la scena della lavanda dei piedi, Guardini dichiara che tutte le « trasmutazioni dei valori>> che l'orgoglio dell'uomo ha spesso preteso compiere, sono soltanto delle bambinate accanto all'esempio di umiltà dato dal Maestro Divino ai suoi apostoli (3). La nostra fede nell'ordine dei valori insegnatici dalla Ri- (I) Cf. R. GUARDINI, ChriJlliches Bewu1meù1. 1/em,che iiber Pa,ca/, Leipzig, 193~. p. 184. - La parola tedesca « 'Existenz » ha un senso nettamente distinto dalla parola << Dasein » che viene anch'essa tradotta con l'italiano «esistenza» e il francese « existence >>. Si potrebbe dire approssimativamente che l'« Existenz » è l'uomo quale si determina con l'atto della sua libertà. (2) Welt rmd Per1on, p. 127. (3) Der Herr, p. 494.

172 ROBERT GIVORD velazione non è tuttavia priva di qualunque aiuto. L'immagine di Cristo nella sua gloria, succedendo allo spettacolo della sua umiliazione, è per noi un potente incoraggiamento che ci dà il senso esatto della gerarchia dei valori cristiani, e ci aiuta a ritrovare il sentimento, così vivo nella Chiesa primitiva, di questo deprezzamento fondamentale delle cose e dei valori del mondo dovuto alla Rivelazione. E in più d'un luogo dell'opera guardiniana noi avvertiamo quanto profondamente l'autore sente e vive la verità delle formule dell'apostolo: « Tutto tengo in conto di spazzatura allo scopo di guadagnarmi Cristo » e « passa la figura di questo mondo » ( 1). L'altezza cristiana che determina la figura di Cristo glorioso, è anche la vetta e il compimento della storia. A questo proposito Guardini rimpiange che i cristiani d'oggi abbiano in parte perduto il senso cristiano della storia, così vivo nei primi cristiani mossi da una ardente spe{anza verso la parusia di Cristo alla fine del mondo (2). E Cristo a dare il suo vero significato a questo immenso svolgersi dei secoli, nel corso del quale le generazioni umane sembrano venire ali' esistenza solo per sparire ben presto nell'assurdità del nulla. Nella misura in cui l'uomo si apre all'appello di Cristo, il mondo finito e la storia non sono respinti o assorbiti dal nulla, ma trasformati e assunti nell'eternità. In un bellissimo testo Guardini ci mostra Cristo glorioso, contefnporaneo di tutti i tempi, che continua ad esercitare senza posa la sua attività di redenzione la quale deve condurre al compimento finale: « Dopo aver compiuto la sua opera, Cristo risuscitato sta adesso al « limite » del mondo, in alto come dentro. E mediatore, e, come tale, limite vivo del mondo. Limite divino e animato - che respira nello Spirito Santo, « respiro di Dio - che assicura il passaggio continuo in ogni senso .... Da questo limite cresce senza sosta il mondo nuovo. Quest'ultimo - « i nuovi cieli e la nuova terra» dell'Apocalisse - non è altro che il mondo visto e vissuto dal credente che realizza egli stesso costantemente in sé, con la fede, la genesi dell'uomo nuovo». (Welt und Person, pp. 78-79). * * * La linfa divina recata da Cristo è normalmente destinata a trasformare ·tutto l'ordine naturale, a ricreare l'uomo a immagine di Dio per ricondurlo alla perfezione originale. Lavoro lento di assimilazione che avrà termine soltanto alla fine del mondo, ma che si realizza lentamente nel corso della storia per virtù dello Spirito venuto nel giorno della Pentecoste. Il cristiano non avrebbe veramente la fede se non credesse nell'efficacia di questa azione (1) Phil., 3, 8 e I Cor., 7, 31. (2) Der Herr, p. 605. In un articolo uscito recentemente Guardini dimostra che Dante ha avuto l'intuizione !hiara del senso eterno della storia, e J'ha tradotta, da poeta visionario, nei simboli meravigliosi della Divina Commedia. Cf. Uebe, das Geuhich1sbew11ut1ein Daniei. S011derdr11rka11sder T.11binge11heologiJthe11Q11.w1a/Jthrif1, 1947.

L 0 ESSENZA DEL CRISTIANESIMO DI ROMANO GUARDINI 173 della grazia. Ma si può discernere nella storia il risultato di questa influenza divina? A questa domanda Romano Guardini dà una rispasta nettamente affermativa in quello strano lavoro che abbiamo già citato: Del' Heilbl'inger. E paiché l'azione divina, incarnandosi, è legata non solo a un tempo, ma ad un luogo determinato dello spazio, Guardini usa un vocabolo geografico per indicare il frutto di questo lento lavoro di maturazione compiuto dal lievito cristiano nell'impasto umano: l'Europa. « L'Europa, egli dice, è essenzialmente determinata dalla figura di Cristo». Il vocabolo adoperato non deve farci illusione: l'Europa di cui parliamo non è una semplice realtà fisica e neanche un determinato raggruppamento di popali, è « una entelechia vivente, un'essenza spirituale che agisce». Realtà spirituale che si è formata nel corso di una storia di più di quattro millenni, e alla quale << nessun'altra può essere paragonata per il rilievo delle personalità e l'intensità delle energie, per l'ardimento delle imprese e la profondità delle esperienze, per la ricchezza delle opere prodotte e il -valore delle istituzioni ». Grazie alla preparazione provvidenziale del mondo antico, grazie agli apporti riuniti della Grecia, di Roma, dell'Oriente, dei rami germanici, sorge un tipo di uomo nuovo, dall'animo forte e tenero, dall'immaginazione feconda, dalla volontà decisa, dallo spirito ardito e creatore. Ma l' Europa non esiste ancora: vi manca l'elemento decisivo, la figura di Cristo. Cristo infatti ha liberato il cuore dell'uomo europeo. « Egli ha liberato l'uomo dall'antica schiavitù della Natura e del Mondo, panendolo faccia a faccia con il Dio personale e santo, nella libertà del riscattato». In questa sovrana libertà nei riguardi del mondo, Guardini vede la fonte autentica dei tratti più caratteristici dell'uomo europeo. Niente è più falso, egli afferma, dell'opinione secondo la quale la conquista del mondo da parte della scienza e della tecnica avrebbe dovuto essere realizzata contro il cristianesimo. Al contrario, all'influenza di Cristo l'uomo deve l'incredibile audacia della scienza e della tecnica moderne. E dalla stessa radice provengono l'intensi~à della coscienza storica, la profondità e la finezza dell'anima occidentale, la forma delle istituzioni dell'Occidente. Grazie a Cristo finalmente, dichiara Guardini riavvicinandosi su questo punto a Soren Kierkegaard, l'umanità ha conquistato la serietà dell'adulto, capace di decisioni definitive per il bene come per il male. « La Cristianità, vale a dire l'Europa», la parola profetica di Novalis, pronunciata nel 1799 è vera: se l' Europa si distaccasse da Cristo, cesserebbe semplicemente di essere (1). * * * Se l'Europa nel senso in cui l'intende Guardini è una realtà spirituale la cui esistenza costituisce un fattore importante e decisivo per l'umanità (1) Der Heilbringer in Mythos, Offenb~rung 1111d Politìk, pp. 31-34 e 43-47.

174 ROBERT GIVORD intera, essa non può evidentemente essere mantenuta e sviluppata che a costo d'una lotta incessante fatta da coloro che credono in Cristo. Alla fine del suo libro su Dostoievski Guardini stesso ci dice che il suo lavoro ha lo scopo di contribuire all'edificazione di questa Europa umana e spirituale. Tra le opere dei pensatori cristiani odierni la sua è incontestabilmente una delle più efficaci per servire questo compito essenziale. E il segreto di questa efficacia è che nel pensiero come nel cuore di Romano Guardini, la figura di Cristo è al centro, a lungo contemplata da uno spirito in cui la penetrazione dell'intelligenza si unisce a un rispetto profondo del mistero. ROBERT GIVORD. NOTIZIA SU ROMANO GUARDINI Romano Guardini, nonostante la traduzione di « L'Esprit de la Liturgie » e di altri due lavori di picc.'biamole, e malgrado la sua origine latina, è ancora poco noto in Italia. Nato a Verona il 17 Febbraio 1885, lascia l'Italia all'età di un anno, quando la sua famiglia si trasferisce a Magonza dove il padre è console d'Italia. Dopo gli studi secondari a ?da.gonza egli esita a lungo circa la via da seguire e infine si decide per il sacerdozio. Ordinato prete nel 1910, trascorre molti anni nel ministero diocesano, sostiene nel 1915 la tesi di laurea su San Bonaventura ed ha poi l'incarico nel 1920 della cattedra di dogmatica nella Faooltà di Bonn. Nel 1923 inaugura a Berlino la cattedra di « Katholische Weltanschauung», << visione cattolica del mondo » alla quale il suo nome rimane unito. Ben presto i suoi corsi divengono celebri e attirano un uditorio sempre più numeroso. Sospettato dai nazisti, Guardini si vede ritirare l'incarico nella primavera del 1939. Dopo la guerra viene riammesso alla ~ua cattedra nella facoltà di Tubinga, e attualmente a Monaco. Il noto che egli è stato tra le due guerre, uno dei più attivi rappresentanti del movimento liturgico in Germania. La sua opera intellettuale, che presenta una straordinariavarietà di aspetti e una fecondità prodigiosa, fa di lui uno dei maestri del pensiero cattolico contemporaneo, e la sua fama ha varcato da parecchio tempo le frontiere tedesche. Tra le sue opere sono da ricordare gli studi su Socrate, Sant'Agostino, Pascal, Dostoievski, HOlderlin, Rainer Maria Rilke, come anche numerosissimi lavori d~rdine filosofico e teologico. Guardini è altresì uno studioso di Dante, ed ha ,pubblicato su questo autore molti articoli acutissimi, più un libro su « la figura deJl'angelo nella Divina Commedia».

LA FILOSOFIA DI ALFRED NORTH WHITEHEAD I. Viviamo in tempi di generalmente, e talora insistentemente, dichiarato anti-romanticismo; - il quale d'altra parte (come, in fondo, è naturale), esaspera spesso alcuni motivi tipicamente romantici, o derivanti dalla dissoluzione del romanticismo. Le tre correnti filosofiche alla moda - esistenzialismo, neopositivismo, marxismo -, pur combattendosi accanitamente, fanno volentieri fra loro alleanza (infida, bensì, e piena di riserve....) contro ogni « metafisica ». In questa essi vedono (con ragione, del resto; c'è infatti sempre, per fortuna, o esplicito o implicito!) un appello al sentimento (in senso largo) dell'« Infinito», come apprensione intuitiva della «Totalità», nell'intimo ~tesso della coscienza umana individuale. Ci vedono l'affermazione di un significato « religiosamente infinito » dell'umana aspirazione, di là da ogni empirica realizzazione, eppure anche in ogni empirica - per quanto circoscritta, labile, inesorabilmente evanescente - realizzazione. E tutto questo appassionatamente combattono, mentre pur negano che abbia un senso intelligibile. Vero è che, nell'atto di un così appassionato negare, implicitamente e contradittoriamente riaffermano quell'infinita assolutezza di valore che pretenderebbero negare; e così si rivela la deformazione erronea della verità preziosa, che ciascuna delle suddette correnti, e altre accomunate nella antimetafisicità, convogliano e anzi proprio incorporano in sé; ma sta di fatto che formalmente negano, diciamo così, quella « infinita presenza »; e sgretolano così dalle fondamenta, per quanto possono (e possono oggi sinistramente, pericolosamente, come forse non mai....) la << spiritualità», profonda e genuina, dell'uomo. Per questo appunto può riuscire, oggi, particolarmente utile raccogliere e meditare il messaggio e l'insegnamento di alcuni grandi Maestri, che tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento hanno sostenuto e difeso (bene o male; ma in fondo - come sempre accade per i grandi Maestri - più bene che male), attraverso allo spirito della tradizione romantica, qualche cosa di ben più prezioso, antico, eterno, sempre nuovo, che animava dal profondo quella tradizione, e nonostante ogni suo eccesso e difetto, le conferiva, come le conferisce e sempre le conferirà, il suo fascino: fascino che è infine, in questo come in ogni altro caso, il fascino della Ve-

CARLO MAZZANTINI rità. Voglio alludere all'evidenza - sempre problematizzantesi, ma sempre riaffermantesi nel suo stesso mistero evidente - della realtà spirituale: ali' evidenza, dunque, della tradizione metafisica spiritualistica, che nel più alto Ellenismo e nel Cristianesimo Cattolico ebbe le sue due, storicamente salienti, tipiche e connesse manifestazioni. Ed è molto importante che tra queste voci non manchino quelle di alcuni fra i più autorevoli rappresentanti di quel mondo anglo-sassone, che della suddetta tradizione ellenicocristiana è certamente, oggi, uno dei più validi difensori. Vorrei appunto che, attraverso a questo mio articolo, ai lettori dei Quademi di Roma arrivasse una delle suddette voci, in un'interpretazione che è diretta a metterne in speciale rilievo gli aspetti più « romanticamente », sì, ma altresì ( e specialmente ....) più « spiritualisticamente » interessanti e suggestivi: la voce del filosofo inglese ALFREDONoRTHWHITEHEAD, il quale nella seconda parte della sua vita, che fu anche quella più specialmente e professionalmente dedicata agli studi e all'insegnamento filosofico, esercitò un largo e profondo influsso anche nell'America del Nord (1). II. Mi sembra già, però, di scorgere il ghigno sardonico di qualche neopositivista demier cri; mi sembra già di udire il suo freddo, dissolvente, acutissimo e stoltissimo (mi si passi il termine, che cercherò subito spiegare ....), ossessionante interrogare a colpi di ascia (bisogna « spaccare » i discorsi, sentivo recentemente dire da un neopositivista in auge nei circoli « metodologici »....): che « senso » hanno - -mi sembra sentirlo a dire - codeste tue solenni parole: « romanticismo », « infinito », « totalità >>, « realtà spirituale», ecc.? - Interrogare legittimo, questo, nella sua acutezza, in quanto si sforza di fare emergere a piena chiarezza i presupposti oscuri ed impliciti, e così spesso confusi e torbidi, del discorso umano; - interrogare tracotante, però, e stoltamente disumano, in quanto pretende negare ogni profondità intuitiva, ogni significato virtuale latente (che invece non manca mai) nei discorsi che intende sottoporre a critica; e così infine svuota di senso qualsiasi discorso (ben compreso, naturalmente ma contradittoriamente, il suo proprio ....), riducendolo a una mera combinazione di certi segni puramente convenzionali, secondo certe regole anch'esse puramente convenzionali .... Su che cosa mai si potrà «convenire», se mai nessuna «cosa», nessun quid, nessun « oggetto intelligibile » può es6ere intuitivamente afferrato, e comunicato? Questo dico non per abbozzare una confutazione in forma ( che non ( I) Qualche notizia, sulla vita e gli scritti dello Wh., darò in calce a questo mio studio. Citerò qualche volta l'opera principale, Proce,s and Reality (Cambridge University Press, 1929), abbreviando così: Pr. Real.

LA FILOSOFIA DI ALFRED NORTH WHITEHEAD 177 sarebbe il luogo adatto) del neopositivismo; ma soltanto per far capire per· ché, pur conoscendo quali siano le sue obiezioni, procedo qui - senza preoccuparmi gran che di tali obiezioni - a illustrare, prima di esporre il pensiero dello Whitehead, alcuni significati del termine «romanticismo». III. Termine « polisenso» (per fortuna, oserei dire ....), e in gran parte «oscuro»; ma questo non significa .punto ( anzi, a ben guardare, esclude ....) che non abbia un « senso fondamentale » inclusivo, da cui inesauribilmente emergono sempre nuovi aspetti << luminosi », il cui apparente contrasto si risolve, quando ben si considera, in più ampie e profonde armonie: - anche se per questo risulterà necessario ( come io ritengo, fermamente, che sia necessario ....) scavare più a fondo del romanticismo stesso, verso una verità più comprensiva che esso include presupponendola (ma in parte ignorandola, o addirittura rinnegandola ....), in quanto anzitutto ne è incluso, e giustificato in quello che ha di vero, e perciò di suggestivo e sempre valido: la verità, come dicevo or ora, dello «spiritualismo». Alcuni di questi aspetti desidero accennare, fra quelli più comunemente ammessi e riconosciuti come caratteristici del romanticismo, e ad un tempo fra quelli più vivi e presenti nella dottrina del filosofo a cui è dedicato questo articolo. E li raccoglierò, questi aspetti, in tre c0ppie fondamentali di affermazioni apparentemente ( e realmente, in parte, nei « romantici » schietti ....) contradittorie: I): a) la realtà si risolve in un'infinita aspirazione, che non si acquieta né può mai acquietarsi in nessun possesso stabile, e anzi rifiuterebbe il possesso, quando le fosse offerto; e tutto produce ma tutto distrugge, per andare oltre, sempre oltre, all'infinito, o piuttosto in indefinitum; - b) l'Infinito è presentemente posseduto in ogni punto per quanto minimo, in ogni istante per quanto fuggevole, in ogni palpito per quanto quasi inafferrabile della realtà; - posseduto, anzi, sempre, tutto e totalmente, - artificiosa e fallace risultando ogni stabile gerarchia di valori: in ogni cosidetto errore trovandosi la piena verità, in ogni deformità la piena bellezza, in ogni corruttela la piena bontà, in ogni bestemmia la piena religiosità; - II): a) più del pensiero vale il sentimento, più della ragione l'intuizione, più del lavoro metodicamente rigoroso l'ispirazione geniale, più dello sforzo laboriosamente costruttivo la spontaneità gioiosamente creatrice; - b) il sentimento non vale se non in quanto è permeato di pensiero e di razionalità, la poesia se non in quanto è permeata di filosofia, e .più precisamente di metafisica; mentre il pensiero stesso è il più alto, lucidamente appassionato sentimento, la filosofia la più alta, lucidamente appassionata poesia; l'intensità infinita del sentimento si dispiega e si arti12. - Quac!er11i di Roma.

CARLO MAZZANTINI cola nella dialettica necessaria della Ragione eternamente vivente, della vita eternamente razionale; - III): a) l'Individuo, e particolarmente l'Individuo umano, è qualche cosa di assolutamente unico ed irreducibile, coi suoi diritti propri ed inalienabili, di fronte e contro l'Universo, di fronte e contro ogni norma e tradizione; non assoggettato a nessuna legge, non devoto a nessun valore, se non a quelli che egli stesso si crea; - b) ogni individualità è frammentarietà e incompletezza, che necessariamente, dolorosamente e gioiosamente, viene assorbita e si perde nell'immensità oceanica del Tutto, dalla quale è ad un tempo portata e travolta: sia poi questo « Tutto» inteso, o come la Natura extra-umana, o come la Storia degli uomini, o come la Razza, o la Classe («romanticismo», ben presente negli « antiromantici »), la moltitudine dei «compagni», i cui lineamenti fuggevolmente distinti, la cui peculiare fuggevole individualità dilegua (nonostante ogni sterile sogno di « anime belle» ....) nell'entusiasmo del!'« opera comune», che continua all'infinito. Quale sia la verità più profonda in cui tutto questo possa essere salvato, e come possa essere salvato, dovrebbe - in parte almeno - venire alla luce in seguito. Ora conviene che, dopo questo esordio già troppo lungo, veniamo a parlare del pensiero dello Whitehead. IV. Una delle prime cose che colpiscono, in questo scienziato che tardi divenne filosofo ( 1), nel senso tecnico e professionale del termine, è la , vigorosa consapevolezza del valore della spemlazione metafisica; e proprio,· anzi accentuatamente, e suggestivamente (di quella suggestione, al solito, che è propria della verità!) in quel senso genuino e glorioso che poco fa dicevamo costituire, oggi, il bersaglio di tanti strali. La metafisica non rappresenta infatti, per lo Wh., soltanto un'esigenza di sintesi e completamento terminale, rispetto alle singole scienze particolari, e alle tecniche sopra queste fondate. Essa deve anche, anzi principalmente, portare a chiarezza consapevole quella (già a suo modo << metafisica », o « premetafisica ») oscura e confusa visione interpretativa dell'Universo, che è il presupposto implicitamente animatore di ogni scienza e di ogni tecnica particolare, come di ogni umano pensare ed agire. E ciò per la correlazione universale, e la presenza, in ogni fatto, dell'intero universo. L'arbitrio, dicevo: e anche contraddizione. Tutto ciò che si può dire d'un nell'ignoto, di là dai limiti ben precisi dei fatti noti (in cui ragionevolmente e modestamente dovrebbe - si dice! - chiudersi, per indagare e la- (1) La cui «filosofia», però, contro a ciò che superficialmmte dicono parecchi interpttti, non è affatto un « puro matematismo » ~ non è anzi, affatto, un « matematismo ».

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