Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

6 NELLO VIAN anche con il Fogazzaro, come con altri uomin.i che gli erano stati am1C1 in quella sua disancorata giovinezza (tra questi, il dotto e austero maestro aretino Gian Francesco Gamurrini). Nell'autunno '84 egli lasciò, come è noto, Roma per Ascoli Piceno, e qui avrebbe ritrovato la mèta spirituale, tornando cristiano nel cuore e nella mente. Poiché la vita di sentimento partecipò al mirabile moto rinnovatore, con una profondità che non è tutta ancora illuminata. Confessò egli stesso: « l'ultima verità [Dio] me l'ha data in compenso dell'ultimo sacrifizio: un sacri!izio.... che mi pareva grande, immenso, che credevo mi dovesse spezzare il cuore» (1). Per la parte umana, non dimenticò mai l'aiuto che in quel punto gli venne dal nobile scrittore veneto. Il libro del quale si era parlato più di una volta nel carteggio tra i due, Daniele Cortis, finalmente pubblicato negli ultimi giorni del gennaio 85, e letto dal Salvadori in un momento che non può ancora essere precisato, operò potentemente in lui, « incerto tra il suggerimento della passione e il dovere» (2). Nella vicenda di Daniele e di Elena egli scoprì la sua propria e quella della bella signora ascolana dagli « occhi lucenti»; e nell'epilogo della storia di romanzo, sentì il monito per la vitr- Allora, il suo, diventò « il puro amore immenso», e la via che aveva cuf1amente veduto macchiata di sangue gli si aperse libera e netta. La lettera, già nota da tempo (3), scritta al Fogazzaro tre giorni dopo il pubblico annunzio del suo ritorno al cristianesimo dato con l'ode Pet"la morte di Victot' Hugo, attesta quella drammatica lotta che coinvolse il senso e la ragione. Diceva alla fine: « .... una cosa Ella ha il diritto di sapere, ed è ia parte presa da Lei in questa opera divina sopra di me. Ella sa che il Cristianesimo non si contenta della ragione: vuol l'uomo intero, in quello che intende e in quello che fa, nel pensiero e nell'opera. E se, per assentirgli nel pensiero, contro l'opinione comune è necessario un certo coraggio, per far corrispondere poi le opere alle parole è necessaria alle volte una forza non contro gli altri, ma contro sé stessi, che non solleva senza strappare, qualche volta anche a costo del sangue. Daniele Cortis può intendere queste parole. Questa forza io devo in parte a Lei». L'intima testimonianza commosse l'anima di Antonio Fogazzaro, che rispose con una lettera contenente parole esemplari di umiltà cristiana e la confessione della propria spirituale esperienza ( 4). « Non m'insuperbì- ( I) Lettera alla zia Giannina Nenci Pistoj [Ascoli Piceno, 4 aprile 1885], in Lellere, pag. 40. (2) Così scrisse al Fogazzaro nell'aprile 1906, in una lettera che sarà riprodotta più avanti. (3) La pubblicò nella parte sostanziale T. GALLARATSI corrr,- La vita di Antemio Fogazzaro, pag. 143; ora, completa, in Le11ere, pagg. 42-44•. (4) La lettera non è stata ancora rintracciata nel testo intero. Era tra quelle mandate dal Salvadori al Gallarati Scotti, qualche mese dopo la morte del Fogazzaro; cfr. Lei/ere di GIULIO SALVADOR! al duca Tommaso Gal/arati Sro11i, estratto dalla « Rassegn:1 romana», anno IV, 1934, quad. 18, pag. 11. Parte è riprodotta dal GALLARATSI conr, La vi1a di A111011ioFogazzaro.,_ pag. 144.

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