ANTONINO PAGLIARO esso, si opera con i valori del sistema simbolico, offerto dalla lingua. A sua volta, la lingua attinge a questi momentì creativi per adeguarsi all'esigenza, interiore ad essa, di distinguere, quando la distinzione per una causa qualsiasi si sia resa meno perspicua: così si ha che l'espressività, legata con il tono e con l'accento del discorso, diventa fatto di lingua, attraverso innovazioni fonetiche da essa provocate; che creazioni di ordine intuitivoestetico come, ad esempio, l'immagine traslata, vengano incorporate nel sistema linguistico; che operazioni mentali di natura logica ed astratta vengano a fornire la materia da cui la volontà dell'esprimere ritrae un nuovo segno; che, infine, il dato pratico dell'unione di un certo complesso fonico con un significato che si abbia bisogno di esprimere (un oggetto nuovo, ad esempio, importato con la sua designazione) provochi un accrescimento dei segni e via di seguito. Il complesso dei fattori che provocano il divenire storico delle lingue è, in ultima analisi, da. ricondurre al moto della coscienza, che con tutti i suoi atteggiamenti, per l'impulso che ha di obiettivarsi, si traduce nell'atto linguistico, nella parola: ed è in questa che il sistema della lingua attinge il segno, dopo che il particolare si è definito G,.Omceonoscere in un valore universale. t. Orbene, nella situazione ipotetica che abbiamo presupposta di una parola che ancora non possiede l'ausilio della lingua, come sistema obiettivamente costituito ( in altre parole quella, in cui l'uomo è in possesso della nozione di « lupo » e non sa come esprimerla con un termine fonico, poiché una fonazione comecchessia coesiste al moto della coscienza, ma non ha ancora un significato determinato), non vi può essere dubbio che l'esigenza di obiettivazione, divenuta momento linguistico come intenzionalità di esprimere, ha dovuto attingere nel contenuto della coscienza, caratterizzato, o esteticamente, o razionalmente, o praticamente, in quella conoscenza, cioè, che precede ogni esprimere. Ora il complesso fonico diventa significante attraverso momenti che sono tutti di libertà: libera è la caratterizzazione del reale come si opera nella coscienza, e libera, ma determinata in quella, è la conoscenza, cioè, l'analisi che definisce il particolare, in riferimento a un universale; libero è, infine, l'atto linguistico, cioè la sintesi fra il contenuto della coscienza come conoscere e la lingua come sistema di segni, che a questo conoscere conferisce la forma, seppure determinata nei due poli della sintesi e, com'è ovvio, nell'intenzionalità stessa dell'esprimere. Da questa libertà, che inerisce all'atto linguistico, deriva la difficoltà e, potremmo dire, l'impossibilità di rintracciare il legame fra il suono e il significato, dato che non di un legame causale si tratta, bensì di un rapporto finalistico, la cui necessità è data dal grado di perfezione in funzione del fine: il segno che esprime un significato, poiché raggiunge questo fine dell'esprimere, ha in sé la sua necessità. In via ,.d'ipotesi, un qualche appiglio che conduca ad ammettere una
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