IL LINGUAGGIO E IL PROBLEMA DELLE ORIGINI 75 e non ancora la lingua come detei:_minazione storica di tale valore (l'universale intendersi fra gli uomini prima della torre babelica), ognuno si troverà a parlare un suo linguaggio e, tuttavia, ad intendere se stesso e ad essere inteso. E come se noi oggi rinunziassimo alla nostra lingua e dovessimo ricominciare da capo. Non c'è dubbio che il nostro agire linguistico si svolgerebbe per l'appunto come ora ~i svolge, epperò fra i due poli di un interpretare e di un voler 'distinguere, non di un agevole conoscere e di una distinzione sicuramente acquisita. Questa realtà psicologica si rivela cronologicamente irreale, come sono irreali le tre lingue distinte dal Vico, la divina, l'eroica e l'umana; eppure reale in quanto gerarchia di fattori concorrenti all'esistenza del linguaggio. L'irrealtà, com'è ovvio, dipende dal fatto che l'interpretazione fonica di uno stato o moto di coscienza, una volta attuata e ripetuta, è già segno e, quindi, lingua: cioè conoscere acquisito, distinto. * * * Da queste estreme poslZloni, possiamo porci la domanda, che è il nocciolo di tutta la problematica dell'origine del linguaggio, se, cioè, all'intenzionalità dell'esprimere si offra una motivazione oggettiva, come rap• porto intrinseco del suono con il significato; se essa, in altre parole, trovi un appiglio naturale nel suono, in maniera che un certo complesso fonico e non un altro venga assunto ad indicare quel dato significato. Il problema posto in questi termini non è più quello che gli antichi si ponevano del rapporto di necessità naturale o di arbitrarietrà umana fra suono e significato (la famosa opposizione fra. <pucm e &écm), mia è posto invece • come un aspetto di quell'agire umano che si coordina liberamente ad un fine da raggiungere. Che il segno sia « arbitrario », naturalmente arbitrario, è un dato acqui• sito dalla moderna linguistica che nessuno potrà più riporre in discussione: non c'è motivo di ordine naturale perché il cane si chiami « cane » e il lupo « lupo »; se si scambiassero i due nomi dal punto di vista naturale, ciò sarebbe perfettamente indifferente. Tuttavia, come problema di origini, si pone il quesito se nella prima formazione del segno il fatto naturale del rapporto fra suono e significato si sia fatto valere. Anche in questo, unica guida per noi è il criterio di quel che si ha nel linguaggio in atto. Non c'è dubbio che la parola, cioè l'atto linguistico individuale, rispecchia il contenuto della coscienza, in maniera più o meno espressiva e caratterizzante, in rapporto alla vivacità e al vigore di tale contenuto. Difatti, da ciò dipende l'individualità della parola, nei confronti della lingua, e ciò costituisce l'elemento dinamico, che determina il divenire di questa. Il contenuto sensoriale-intuitivo, logico e prat'l\:o trova espres• sione nell'atto linguistico, prevalendo più o meno nella sintesi che, attraverso
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