Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

IL LINGUAGGIO E IL PROBLEMA DELLE ORIGINI 73 essersi fatti valere gli stessi fattori, che operano nello sviluppo delle lingue a noi note. Dal nostro riconoscimento del linguaggio come forma del conoscere discende la necessità di ricercare i primordi o, se si vuole, l'origine di esso in un grado del conoscere. Se, attenendoci ali' insegnamento del Paul, ci domandiamo che cosa nella nostra attualità linguistica precede il conoscere che in esso si realizza, la risposta, anche sulla base della nostra esperienza introspettiva, è che alla base di essa ~ un volere intendere, un interpretare. Ciò appare manifesto, anzitutto, in chi sta ad ascoltare: se I' espressione che ode gli si presenta come estranea e non usuale, egli si sforza d'intenderla, interpretando come può le parole udite ed attribuendo ad esse un significato nel quadro complessivo del suo comprendere. Ma lo stesso avviene normalmente in chi parla: infatti, l'intuizione di un rapporto fra il contenuto della propria coscienza e i segni, che la lingua offre, presuppone una nozione del valore del segno, che è frutto, in ultima analisi, di un'interpretazione. Di questo precedente interpretativo non ci rendiamo facilmente conto, poiché le parole che usiamo abitualmente ci sono familiari nel loro significato comune. Ma se dobbiamo usare un termine nuovo, o solo un termine che non ci è familiare, il carattere interpretativo del nostro parlare si rivela nel fatto che di quella parola facciamo, a volte, un uso erroneo o poco appropriato. D'altra parte, anche il contenuto della coscienza si offre nell'atto linguistico ad una. specifica valutazione, a un'interpretazione, in rapporto al segno di cui ci si varrà per esprimerne i valori. L'immediatezza e la spontaneità del!' atto linguistico, del tutto conformi alla rapidità e spontaneità delle operazioni mentali, non ci consentono in genere una precisa nozione della complessità di esso: eppure, se noi riconosciamo che la parola tradisce talvolta il pensiero o che la lingua con la sua pregnanza significativa pensa assai spesso per noi, è perché ci rendiamo conto che il conoscere, come si attua nell'espressione linguistica, è una reale conquista. Più agevole è rendersi conto di ciò, guardando alla parola, non nella sua formazione, ma nella sua realtà compiuta, acustica o grafica. Chi ascolt:i un periodo di cui afferra poche parole, si sforza di capire ir complesso, supplendo in qualche modo gli anelli che gli mancano; chi decifra un testo qualsiasi di cui ha individuato solo pochi segni, quando sia riuscito ad avere un significato complessivo plausibile, attribuisce ai segni, sino ad allora a lui non noti, un significato, che poi controllerà negli altri nessi, in cui il termine ricorre; e alla fine, dirà di conoscerne il significato. L'interpretazione, come grado del conoscere, non è un atteggiamento specifico del fatto linguistico, ma è un atteggiamento umano generale, frutto dell'attenzione, che l'uomo ,pone a definire il proprio posto nel mondo. Tutto il suo modo di classificare il reale, che è oggi il suo conoscere, ha dietro a sé uno sforzo interpretativo, una volontà d'intendere.

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