IL LINGUAGGIO E IL P~OBLEMA DELLE ORIGINI Il linguaggio, come facoltà di esprimere in simboli fonici il contenuto della propria coscienza, è attributo caratteristico ed esclusivo dell'uomo. Sul piano fisiologico è legittimo ed utile richiamarsi alla facoltà analoga che hanno alcuni animali di emettere una voce; ma non è possibile spostare il raffronto su altro piano, ad esempio, su quello genetico ed evolutivo, poiché le due facoltà, quella umana e quella animale, appartengono ad ordini completamente diversi. All'abbaiare del cane, come •al grido di un g~uppo di primati, mancano tutte le caratteristiche del linguaggio umano: a parte il fatto che il suono vi è costituito in genere da un'emissione di voce unica e puntuale, anche se ripetibile, e vi manca l'articolazione propria della parola (questa differenza può essere considerata di ordine quantitativo e non qualitativo), vi mancano tutte le condizioni fondamentali, che attribuiscono alla capacità fisiologica di articolare la voce la dignità di linguaggio, cioè di espressione: la funzione simbolica del complesso fonico, l'organizzazione razionale dei vari complessi, e, soprattutto, quella finalità dell'esprimere che genera ed informa di sé questi due momenti, anche se l'uno o l'altro siano più o meno compiuti ( 1). Il grido degli animali non si stacca dalla loro vita fisica, perché è la voce dell'istinto, che si manifesta immediata e quasi irriflessa, senza che vi partecipino, sia ,all'inizio come impulso, sia come modalità di attuazione, momenti di vita psichica superiore. Il nitrito della cavalla, che chiama a sé il puledro, è niente più che il moto istintivo della madre verso la sua prole, è questo stesso moto, ed in mezzo non vi sono processi se non di ordine fisiologico. Il nitrito è quello che è, le sue variazioni, quelle che consentono al figlio di riconoscere la voce della madre, sono un puro ,prodotto fisico e non hanno carattere distintivo intenzionale. ( 1) La nota legge biologica di Huxley, secondo la quale la differenza fra le specie più basse e quelle più alte dei quadrumani è molto più grande che non quella fra il pi'ù alto dei primati e le forme umane più primitive, è stata trasportata da H. WEINERT, Der geis,;ge Aufst;eg der Me11,chheiJ vom Ursprrmg bis zrtr Gege11war1, 1940, p. ·4, 21, dal dominio fisico a quello spirituale. L'arbitrio di una siffatta estensione si denunzia in pieno nel campo del linguaggio: qui, infatti, si osserva che fra il principio informatore delle lingu~ dei popoli più avanzati e quello dei popoli più arretrati non vi è alcuna differenza sostanziale: tutte sono fondate sull'universalità del simbolo fonico; l'abisso che esiste fra il grido di un primate e la lingua dell'uomo di cultura è non meno grande nei riguardi della lingua del più primitivo dei Pigmei. Cfr. KAINZ, Psychologie der Sprache, I, 1941, p. 327.
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