I 62 MICHELE PELLEGRINO Cogliamo questo particolare aspetto nell'ultimo capitolo dello scritto, ove, per incitare il pagano ad abbracciare la dottrina che è stata difesa e illustrata, si mostra la meta radiosa a cui lo condurrà il cammino della fede cristiana. Le due note che abbiam rilevato, schietta umanità e decisa trascendenza del cristianesimo, appaiono qui in quella sintesi che assicura la validità di entrambe e le fonde così da integrarsi in perfetta armonia. Dio, altezza infinita che l'uomo non può attingere con le sole forze della sua natura, non è tuttavia inaccessibile all'umanità. La conoscenza, frutto della fede, e l'amore: ecco i ponti gettati fra l'Infinito e il finito: « Se questa fede anche tu desidererai, riceverai anzitutto la conoscenza del Padre. Poiché Dio amò gli uomini» etc. (segue il passo riportato qui sopra). ] implicita in queste parole una stupenda esaltazione dell'uomo, oggetto dell'amore di Dio, termine della creazione materiale che a lui è ordinata. Tale esaltazione apparirà anche più chiara e significativa a chi confronti questo concetto cristiano, già noto allo stoicismo, con la sconsolata negazione degli Epicurei che giudicavano assurdo pensare a dèi immortali e beati che facciano qualcosa per gli uomini (Lucr. V 155 ss.; Cic. De nat. deor. I 23; Lact. Div. lnstit. VII 3, 13). • L'uomo, dunque, creato da Dio per amore, può conoscere Dio e amarlo; in questa conoscenza è la fonte della gioia, la più vera, la più degna dell'uomo: « Conoscendolo, poi, di qual gioia pensi che sarai ripieno? O come amerai colui che prima così ti amò?» (10, 3). Un altro passo: dall'amore all'imitazione di Dio: « Presolo poi ad amare, sarai imitatore della sua benignità» (10, 4). Sapienza antica e rivelazione cristiana si fondono in questo concetto, sintesi dell'ideale platonico della somiglianza con Dio che l'uomo può realizzare mediante la vita virtuosa (v., p. es., Theaet. 176 A-C), concetto espresso in termini accessibili anche ai semplici nell'esortazione di Cristo ad essere perfetti come il Paélre celeste (Matth. 5, 48). Anche giunti a questa vetta, anzi allora più che mai, possiamo parlare d'una concezione del cristianesimo aderente alle aspirazioni e alle esigenze dell'umanità vista nella concretezza della vita individuale e sociale; infiltti l'imitazione di Dio, come intravidero gli antichi (v., p. es., Cic. Pro Ligar. 38), e come insegnò Cristo (Matth. 5, 45; Luc. 6, 36), si attua soprattutto nell'operosa carità verso il prossimo. Ora, come abbiam visto toccando del senso sociale in cui si espande lo spirito religioso della « Lettera », appunto nel servizio del prossimo, reso con umiltà e amore, consiste l'imitazione di Dio proposta come frutto della conoscenza e dell'amore di Dio. MICHELE PELLEGRINO
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==