Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

60 MICHELE PELLEGRINO tandola al pensiero nuovo di cui si fa banditore: i cristiani sono l'anima del mondo. Riportiamo qualche passo, omettendo quelli che furono già riferiti sopra: « Per dirla semplicemente, quel ch'è nel corpo l'anima, questo sono nel mondo i cristiani. E disseminata l'anima per tutte le membra del corpo, e i cristiani per le città del mondo .... E rinchiusa l'anima nel corpo, ma essa è che tiene insieme il corpo; e i cristiani son detenuti nel mondo, come in una prigione, ma essi sono che tengono insieme il mondo » (6, 1-2. 7). 11. - Un motivo, già accennato sopra, che dimostra la profonda umanità del cristianesimo, merita d'essere meglio sviluppato, poiché assume nella « Lettera » un forte rilievo: quello dei 1<ap orti fra Dio e l'uomo. Questa parte è certo fra le più belle del nostro scritto; ed è facile immaginare quale profonda impressione dovettero risenti~e i pagani all'annunzio d'un Dio così vicino all'uomo, legato a lui da vincoli di paterna bontà e amore. Dopo aver detto che Dio stesso mandò agli uomini il suo Verbo, si domanda: « Ebbene, [lo mandò forse], come alcuno fra gli uomini potrebbe a\Bomentare, a imporre una tirannide, a colpire col terrore? No certo: ma c~n clemenza e mansuetudine, come un re che manda il figlio re, lo mandò; come Dio lo mandò, come uomo a uomini lo mandò, come salvatore lo mandò, come chi vuol persuadere e non far violenza; ché la violenza non s'appartiene a Dio. Lo mandò come chiamando, non perseguitando; lo mandò come chi ama, non come giudice» (7, 3-6). « Infatti il Signore e artefice dell'universo, Dio, il quale fece tutte le cose e le dispose con ordine, non solo fu amico degli uomini, ma anche longanime. Ma questi era sempre tale ed è e sarà, benigno e buono ed esente da ira e vero, e solo è buono » (8, 7-8). Ì2. - Abbiamo accennato da principio ai limiti che bisogna riconoscere nella concezione dell'umanesimo cristiano quale essa affiora nel documento che stiamo esaminando. Nella preoccupazione di salvare la trascendenza del cristianesimo e l'origine divina del suo messaggio, il nostro afferma energicamente l'incapacità dell'uomo di pervenire a Dio con le proprie forze: « ma il mistero della religione a loro propria non t'aspettare di poterlo apprendere da un uomo» ( 4; 6; cf. 7, 1, riportato sopra). La ragione umana appare in siffatti giudizi sminuita nella storia dei suoi sforzi fino a dimenticare le mirabili conquiste della filosofia: « Chi infatti fra tutti gli uomini sapeva che cosa mai è Dio, prima ch'egli [il Verbo] venisse? O prendi per buoni i vani e sciocchi discorsi di quei filosofi degni di fede, dei quali chi disse Dio essere il fuoco (chiamano Dio ciò in cui essi andranno a finire), chi l'acqua, chi qualcun altro degli elementi creati da Dio? Già: se alcuno di questi discorsi si potesse accettare, qualsiasi altra creatura si potrebbe u~ualmente dichiarare Dio. Ma questi sono prestigi e illusioni di

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