Quaderni di Roma - anno II - n. 1-2 - gen.-apr. 1948

LA POETICA DELL'ISPIRAZIONE NEI PRIMI POETI DELLA GRECIA 37 estro, sottintendendo un impulso irrazionale, si configura in Omero come la. facoltà di scelta tra una delle molte vie di conoscenza ( 1) che la partecipazione ad un « vedere » divino dischiude dinanzi al poeta. Questi altrimenti, nella sua limitata umanità, sarebbe legato alla «fama», al ricordo di poche cose tramandate e ripetute, mentre la trasfusione in lui della vita divina, secondo quanto è chiaramente detto nell'Iliade, lo rende presente a tutto e di tutto consapevole, come a tutto soso presenti e tutto vedono le Muse (2). La coartante misura del tempo è abolita e, per un vedere poetico, tutto si raffigura in una presenzialità che ha la specie del!' eternità. Bisogna tener presente che da Apollo viene la profezia, e la profezia è radicata in questa virtù poetica che abolisce il distacco del tempo e rende attuale il futuro per il µ&vnç, come per l'aedo si rende attuale il passato: ispirati l'uno e l'altro dal Dio. Questa sintesi di poesia e profezia è ben vista da Esiodo il quale, sviluppando il mxpdvO(L di Omero, dice delle sue Muse che cantano all'unisono « ciò che è, ciò che sarà, ciò che è stato» (3). , Dal punto di vista degli ascoltatori, questa assolutezza del canto, tratto fuori dal legame del tempo e quindi disimpegnato dalla consuetudine trita e dalla ripetizione, è novità: la novità che piace e verso la quale si protende il pubblico. Questo è il significato, dedotto dal contesto coerente dei passi omerici, del!' &oLS-~ vew-r&q a cui Telemaco si appella per giustificare il canto di Femio (4) e nella quale mal si vedrebbe una rozza preferenza po• polaresca, che Omero avrebbe in qualche modo ratificata, per l'ultimo canto ascoltato o il gusto per l'improvvisazione aedica sui fatti più recenti (5). Anche Pindaro è consapevole di questo ambito pregio di novità quando, prima di cantare, concentra le forze, puntando i piedi agili e traendo largo il respiro, perché « molte cose si dissero, in vario modo, ma trovarne di nuove e fresche ( ve«p&.) e offrirle alla prova, questo è grande rischio » (6). Fuoçi dal tempo, il poeta è fuori dalla colpa (7). Questo è il senso della difesa che Telemaco fa di Femio di fronte a Penelope: l'aedo non serve interessi contingenti, non entra con una sua intenzione di cglpire e ferire nella vicenda delle nostre passioni, ma canta per dilettare, seguendo il (1) OMERO, Odùt., XXII, 347-348. Cfr. UNTERSTEJNER, Per una tt<;,ia della poetica classica, cit., pag. 338. (2) ◊MERO, Il., Il, 485. (3) Es1000, Teog., 38. (4') ◊MERO, Odiu., I, 351-352. (5) Il DELLA 'VALLE, nelle cit. Lezioni di Poetica rlauica (I, pagg. 15-17) confuta con molta chiarezza le due tesi a cui mi rifedsco nel testo, cioè quella di EGGER (ESJai 1ur /'hisloi,e de la cri1Jq11e- chez lei Grec1, cit., pag. 4), per cui dal passo in questione risulterebbe che « il canto migliore e più gradito agli uditori è l'ultimo che essi hanno inteso, evidentemente perché il piacere è meno Jontano e l'impressione è più recente e più viva»; e quella di E. DRERUP (in Homer, Die Anfiinge de,- hellenùrhen K11/t11r, !Monaco, 1903, pag. 31, e in Homerùrhe Poetik, Wiinburg, 1921, v. I, p. 75 sgg.), per il quale si tratterebbe di preferenza del pubblico aedico per l'improvvisazione sui fatti più recenti o per la più recente im• provvisazione. (6) PINDARO, Nem. VII/, 32-34. (7) ÙMERO, OdiJJ., I, 347-348.

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